Il Friuli o ridiventa una “comunità politica”,
o scomparirà presto.
di Sandro Fabbro
Grazie alle recenti dichiarazioni del Sindaco di Udine (MV, 06.02.2020) apprendiamo, anche se con notevole ritardo perché la questione andava avanti da tempo, che, il riassetto societario di Friuli Innovazione porterà ad un controllo triestino di un asset friulano. Almeno ora siamo tutti avvisati. O si fa qualcosa o, piano piano e senza colpo ferire, si scompare.
D’altra parte, l’Assessore regionale Alessia Rosolen che, per competenza, ha seguito la vicenda, è stata, come sempre (le va dato atto), piuttosto chiara: “La ristrutturazione societaria di Friuli Innovazione è una risposta alle istanze dell’Università di Udine, della Camera di Commercio e di Confindustria Udine”. Come dire che è inutile rivendicare la friulanità di Friuli Innovazione, se gli enti friulani che ne fanno parte, in primis, auspicano un riassetto che vada a favore di una governance triestina. L’Università di Udine sembra sia stata la prima a tirarsi fuori da Friuli Innovazione. Certamente avrà avuto delle valide ragioni “aziendali” a monte, ma non pare accettabile che: a. un ente di quella importanza per tutto il Friuli e che ha per Statuto “l’obiettivo di contribuire al progresso civile, sociale e alla rinascita economica del Friuli”, prenda, in solitudine, la decisione di abbandonare Friuli Innovazione che essa stessa aveva voluto nei primi anni duemila; b. che enti pubblici che hanno come missione lo sviluppo del territorio friulano, deleghino pezzi importanti dell’innovazione industriale friulana a una direzione strategica che di fatto si sposta a Trieste. E ciò, non per una pregiudiziale chiusura verso gli enti di ricerca di Trieste (i cui meriti e capacità sono fuori discussione), ma perché, non esistendo reciprocità, si determina uno squilibrio inaccettabile. Da almeno vent’anni, infatti, il patto paritario tra Friuli e Trieste (a uno il presidente della Regione e all’altro il capoluogo), che aveva fondato la Regione FVG, non è più osservato e, da allora, la situazione è decisamente squilibrata a favore di Trieste. In questo squilibrio, è inevitabile che la “città metropolitana” di Trieste sia già di fatto (anche se non lo è ancora di diritto) al lavoro e consideri il Friuli, che oggi non esiste né politicamente né istituzionalmente, un territorio di conquista (voci autorevoli sostengono che Friuli Innovazione è solo un “boccone” e che altri ne seguiranno anche più ghiotti) perché questa è la logica, spietata ma realistica, del “predatore” nei confronti delle “prede” che non possono o non sanno come difendersi. E’ pura cortina fumogena asserire, peraltro, come qualcuno ha detto cercando di sminuire la questione, che si tratti dei “soliti campanilismi”. Si potrebbe ricorrere a questa spiegazione se fosse vero anche il contrario, e cioè se Udine fosse nelle condizioni di mirare a conquistare gli asset di Trieste. Ma così non è.
La posizione del Comune di Udine ora è debole e apparentemente isolata ma potenzialmente rilevante. E’ l’unico soggetto istituzionale rimasto che può legittimamente candidarsi a difendere una linea del Piave e passare all’azione propositiva. Per farcela, però, deve darsi un piano all’altezza della sfida e trovare gli alleati giusti. Si deve auspicare che i tre enti, di cui sopra, diventino alleati a tutti gli effetti. Ma Udine deve muoversi anche verso tutti i comuni friulani. Non è cosa facile, sappiamo! Ogni Comune, in Friuli, oggi più che mai, è una polis per conto suo. Nell’antica Grecia le poleis, le città-stato come Atene, Sparta, Tebe, Corinto ecc. erano sempre in lotta tra di loro. Tuttavia, nel momento del bisogno, per non perdere la loro libertà e le loro prerogative, sapevano allearsi o addirittura federarsi per reagire assieme. Ovvio che qui non si è in guerra e non si tratta di difendersi da un nemico. Conviviamo, Friuli e Trieste, nella stessa Regione. Ci mancherebbe! Ma, fatte le debite proporzioni, si deve chiedere con forza, nell’interesse della stessa unità regionale, un sostanziale riequilibrio tra Friuli e Trieste. Udine ha l’obbligo di partire per prima con delle proposte. Per non rischiare di rimanere sola deve mostrarsi convincente verso gli altri Comuni friulani. Lanci, quindi, una proposta aperta e non egemonica a tutti i Comuni friulani (quelli di qua e di là, di su e di giù), affinché uniscano le loro forze per chiedere una istituzione politica capace di far emergere una visione unitaria e strategica dello sviluppo economico-territoriale, altrimenti il Friuli scomparirà in poco tempo.
Prof. Sandro Fabbro
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La Redazione del Blog e il Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli, ringraziano il prof. Sandro Fabbro (docente presso l’Università del Friuli) per averci concesso la pubblicazione del suo ottimo articolo, già pubblicato sul quotidiano Il Messaggero Veneto (Udine) giovedì 13 febbraio 2020 a pagina 42, rubrica “L’INTERVENTO”