Il settimanale della Arcidiocesi di Udine, LA VITA CATTOLICA, il 10 marzo 2021, pubblicava nella Rubrica “DITELO VOI” una lettera a firma di Gabriele Marini di Gemona del Friuli, poi risultata contestatissima e a cui hanno risposto, sempre nella medesima Rubrica, il 17 marzo 2021, con tre lettere, Remo Brunetti, Raimondo Strassoldo e Luca Verduz.
In risposta a quanto scritto da Gabriele Marini, anche il nostro Comitato ha inviato a firma del suo Presidente Paolo Fontanelli, uno scritto alla Redazione della Vita Cattolica che nell’edizione di mercoledì 8 aprile ha pubblicato – e di ciò ringraziamo la Redazione della Vita Cattolica – a pagina 29, sempre nella Rubrica DITELOVOI, la lettera che di seguito si può leggere.
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Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli
Il mito fondativo
L’intervento del prof. Marini, apparso recentemente sulla Vita Cattolica, volto a rileggere la storia del Patriarcato per rilevare quanto questo possa essere significativo per il Friuli attuale, ha aperto in realtà un duplice fronte di discussione in relazione sia alla validità dei miti fondativi sia a quale potrebbe essere il significato del Patriarcato oggi.
Il tema del mito fondativo è, di per sè, opinabile. Basti pensare che nei libri scolastici italiani si esalta a questo scopo il Risorgimento, quando invece l’editore Gaspari spinge sulla Grande Guerra, mentre la politica Repubblicana e le forze politiche unite nella Costituente, hanno puntato sulla Resistenza. Il tutto rilanciato dal presidente Ciampi che ha proposto il mito del tricolore. Un simpatico bailamme insomma per un paese che sta riscoprendo le sue molte storie e identità.
Anche la politica friulana ha cercato di proporre un mito fondativo per il Friuli, passando dai Celti al Patriarcato alle rivolte del giovedì grasso del 1511, dalla Resistenza e la Repubblica della Carnia, alla ricostruzione post terremoto del ’76. Una storia complessa, per certi versi poco raccontata e perfino oggetto di manipolazioni, ma che la politica non può eludere.
I tentativi fin qui fatti ci hanno portato a due punti fermi: una festa il 3 di aprile e una bandiera. In questi elementi si identificano oggi coloro che vogliono rappresentare l’identità friulana e questo, al di là delle interpretazioni sul Patriarcato e i suoi simboli è un dato di fatto oggi (nota: l’aquila è un simbolo usato generalmente da stati e organizzazioni imperiali e copiato ripetutamente dai fascisti; secondo alcuni ornitologi più che un’aquila è un grifone e, dal punto di vista araldico, sarebbe anche meglio dell’aquila ma ora non serve ridiscuterne).
Forse qualcuno vuole mettere in discussione la necessità, per il Friuli, di un proprio mito fondativo unitario?
Abbiamo perso l’unità amministrativa che le direttive europee imporrebbero per un territorio con una propria lingua e identità, mentre siamo spezzettati in UTI o come si chiamano adesso, annullati in un friulveneziagiulianesimo impronunciabile e teso sempre e comunque a imporre la subalternità del territorio friulano a Trieste, e invece dobbiamo evitare, uniti e coscienti della nostra storia, di essere il territorio delle servitù, da quelle militari a quelle ferroviarie (l’alta velocità che sventrerebbe la bassa friulana che utilità avrebbe?) a quelle elettorali, visto che i voti dei friulani varranno la metà di quelli di Trieste nell’ennesima legge incostituzionale.
Gli storici discutano pure, i politici si ricordino che il territorio che li ha eletti deve essere difeso (dove sono i progetti per usare i fondi europei Next Generation?), i friulani ricordino che la loro storia è il fondamento del loro futuro e che la festa del 3 aprile serve a ricordare un passato e, soprattutto, a costruire il domani.
il presidente
Paolo Fontanelli