IL NEOCENTRALISMO REGIONALE E’ FUORI LUOGO E FUORI TEMPO – Intervento di Ubaldo Muzzatti

Pubblichiamo l’ottimo intervento di Ubaldo Muzzatti (Cordenons)  sul problema del centralismo regionale triestinocentrico, sempre più problematico e antidemocratico; intervento ospitato sul quotidiano locale “Il Messaggero Veneto” (Ud) sabato 22 febbraio a pagina 47.

Tra Trieste e Friuli, ossia   tra il “predatore” (Trieste)  e la “preda” (Friuli), non esiste contrapposizione perché non esiste la reciprocità. Il predatore è sempre stata la città di  Trieste.

E la prossima “GHIOTTA PREDA” triestina sarà l’università friulana?

L’assessore regionale Alessia Rosolen? E’ dal 2009 che ha nel cassetto la proposta di una Fondazione regionale unica che –    così scriveva nel 2009 l’on. Arnaldo Baracetti   –  “nella migliore delle ipotesi, è solo un’operazione di immagine e, nella peggiore, un vero e proprio carrozzone. Anche se si vuole mettere in piedi con l’obiettivo di condizionare e ridurre, attraverso magari il ricatto dei contributi regionali, l’autonomia e l’identità dell’Università del Friuli”.

Il Presidente regionale “triestino.doc” Fedriga nell’affermare che l’aver trasformato una eccellenza friulana, FRIULI INNOVAZIONE, in un feudo triestino, è un’“Operazione che valorizza il ruolo di Udine”, offende l’intelligenza dei friulani che ci risulta non siano diventati tutti improvvisamente dislessici e che sappiano ancora leggere un accordo  che, oltretutto, ci risulta mai dibattuto pubblicamente e ingiustamente sottratto all’opinione pubblica friulana che ne è venuta a conoscenza solo a “furto” avvenuto anche grazie alla complicità di alcuni attori che si definiscono friulani (anche se non lo sono!)  

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TRIESTE e FRIULI
UNA CONTRAPPOSIZIONE RISOLVIBILE

di Ubaldo Muzzatti

 

Prendo solo spunto dalle recenti notizie sul controllo di Friuli Innovazione, che starebbe per passare ad Area Science Park decretando un’ulteriore perdita di peso e di prestigio del Friuli a favore di Trieste. Perché, in effetti, la questione del rapporto tra il capoluogo regionale e il territorio friulano si sta orientando, su molti fronti, verso una forma di neo- centralismo fuori luogo e fuori tempo. L’attivismo delle classi politica, imprenditoriale, manageriale, dell’alta formazione triestine ha registrato, negli ultimi tempi, un’accelerazione a cui, purtroppo, non corrispondono quelle friulane. Gli esiti sono la tenuta e chiari segni di risveglio sulle Rive e stagnazione, quando non arretramento del territorio friulano comprese le città ex capoluogo di provincia, nessuna esclusa.

Il paventato accentramento di risorse e attenzioni nell’unico capoluogo rimasto, quello regionale, si sta palesando in modo evidente. Molte e qualificate sono le voci che si stanno alzando contro questa deriva centralistica che penalizza la quasi totalità del territorio regionale e la gran parte della popolazione e lascia indenne (avvantaggia secondo molti) solo Trieste. Sono varie le proposte per arginare / contrastare il fenomeno. Tra queste la datata ipotesi della regione duale Friuli – Trieste sul modello Trentino – Alto Adige e la più recente, e non meno difficile da realizzare, di spostare il capoluogo regionale a Udine.

Oltre due secoli di cultura e informazione centralistica, più ancora del sistema istituzionale accentrato, impediscono di vedere, considerare, ed ambire ad una soluzione praticabile per risolvere, a Costituzione e Statuto di autonomia vigenti, l’annosa questione del rapporto tra le città capoluogo e i territori afferenti. Rapporto che, nell’impostazione centralistica, si risolve sempre con una sovra attenzione, un peso eccessivo e finanziamenti pubblici sproporzionati riconosciuti a capitali e capoluoghi in danno delle città che tali non sono. Roma, per esempio, scarsa di industrie e attività economiche importanti, si è sviluppata ininterrottamente dall’unità d’Italia raggiungendo una popolazione residente di quasi tre milioni di abitanti e continua a crescere. Motore, quasi esclusivo, dello sviluppo il ruolo di capitale con quanto ne consegue in fatto di allocazione di funzioni e risorse. Per contro Milano, di gran lunga il maggior centro economico nazionale, ha raggiunto un massimo di un milione e 700 mila abitanti nel 1971 e, in decrescita, ne conta ora meno della metà di Roma. Per inciso, al tempo dell’unificazione Milano sopravanzava Roma di diecimila residenti.

Ma non ovunque si registra questa aberrazione. Ci sono Stati in cui alle città ove hanno sede le istituzioni nazionali o locali non viene assegnato nessun maggior finanziamento o beneficio per tale ruolo. Il loro sviluppo dipende, come per tutte le altre località e come è giusto che sia, dalle capacità e volontà dei residenti e delle rispettive amministrazioni. Succede così che le capitali istituzionali di paesi come gli Stati Uniti d’America (Washington), Svizzera (Berna), Canada (Ottawa), Australia (Canberra) e molte altre non siano diventate (al contrario di Roma) le città più popolate e più importanti dei rispettivi paesi. Non a caso quelli citati sono stati federali, perché è prassi di questo sistema istituzionale porre tutte le città e i territori sullo stesso piano, offrire a tutti le medesime chance e ad ognuno la possibilità di svilupparsi secondo le proprie vocazioni.

Sebbene la Regione FVG non sia parte di uno Stato federale, non si intravedono ostacoli insormontabili per il superamento, a livello locale, della prassi centralistica (che avvantaggia i capoluoghi) e l’implementazione di un modello decentrato e paritario di tutto il territorio regionale. Ed è triste, non tanto che ancora non sia avviato questo percorso, quanto che nessuno ne parli. Non è spostando il capoluogo che si risolve il problema ma eliminando l’accentramento di attenzioni, risorse e potere dello stesso. Cosa possibilissima e collaudata da secoli: si vedano Stati Uniti, Canada, Australia, Svizzera…

Ubaldo Muzzatti – Cordenons.
22 febbraio 2020 – Il Messaggero Veneto -pag. 47

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La Redazione del Blog ringrazia l’amico Ubaldo Muzzatti per averle concesso la pubblicazione della sua ottima analisi su un problema regionale molto importante, su cui la politica regionale riflette troppo poco e soprattutto sta distruggendo sia il Friuli (le tre province friulane di Udine, Pordenone e Gorizia) che la possibilità di convivenza tra DUE territori profondamenti diversi per storia, economia, cultura e lingue (Friuli e Trieste).

 

FRIULI: il passato che ritorna?

PER NON DIMENTICARE!!

Il Gazzettino 24.07.2008 – Lettera pubblicata nella Rubrica della Posta dei Lettori
TITOLO – Trieste becchina dell’Università del Friuli

Trieste ci riprova di nuovo: cancellare l’onta della sconfitta di trent’anni fa quando l’odiato Friuli riuscì ad avere una sua università autonoma. Oddio, la nuova istituzione avrebbe dovuto chiamarsi “Università del Friuli”, così infatti era previsto nella proposta di legge popolare sottoscritta da centinaia di migliaia di friulani, ma a Trieste, grazie ai collaborazionisti friulani, riuscì di farla chiamare “Università di Udine”. E gli riuscì anche di introdurre un principio assurdo: il principio della non concorrenzialità. Ossia un’università nuova e con pochissime facoltà non avrebbe potuto istituire facoltà già esistenti presso l’università  di Trieste: un modo subdolo per impedire lo sviluppo della nuova istituzione friulana, per impedire di vedersi “sfilare” dal Friuli gli studenti friulani che in massa riempivano allora, siamo nel 1978, le camere delle case dello studente di Trieste.

Per le famiglie triestine far studiare i propri figli all’università non ha mai creato alcun problema economico: i propri rampolli andavano, e continuano ad andare, a lezione in vespetta o in bus. Ma vuoi mettere se abiti in Carnia, a Cividale del Friuli o a Latisana? E infatti il Friuli allora, anno 1978, era una delle regioni (perché esiste una Regione Friuli anche se Trieste sta facendo di tutto per cancellarla!) con la più bassa percentuale di laureati. E nacque l’Università del Friuli: un doppione di Trieste? Così la pensavano i triestini e i loro collaborazionisti friulani. Che al contrario fosse un diritto dei friulani a loro non passava nemmeno per la testa: e chi sarebbe andato ancora a sfalciare il fieno, disse allora un rettore dell’Università di Trieste.

Fortunatamente, Trieste violò immediatamente il vincolo di non concorrenza: Udine aveva pochissime facoltà e la principale era la facoltà di lingue straniere: che ti fa Trieste? Immediatamente istituisce una facoltà di lingue straniere. Un doppione? Certo, un doppione. Ma Trieste può istituire doppioni, sono gli altri che non possono istituire ciò che a Trieste esiste già! Vorrai mica scherzare? Trieste è Trieste! La grande Trieste, sempre molto cara ai cuori (e anche al portafoglio) degli italiani. Comunque, nonostante le previsioni nefaste dei detrattori della nuova istituzione, l’Università del Friuli è riuscita a farcela alla grande e oggi è una delle migliori università italiane con punte di eccellenza che tutti ci invidiano, Trieste compresa!

Roma, purtroppo, continua a finanziare le università quasi totalmente in base al costo storico: ti faccio la fotografia in un certo anno (il 1993 per l’università friulana) e continuo a finanziarti in base alle necessità finanziarie di quell’anno. Ma se io ho duplicato gli iscritti? Cavoli tuoi, chi ti ha detto di essere così bravo? Te la devi cavare con un pesante sotto finanziamento! E le università poco virtuose che hanno modificato in peggio la famosa fotografia? Hai mai visto in Italia finanziare in base al merito? E poi pare che le poco virtuose siano la maggioranza e quindi si tengono ben stretto il loro “sovra finanziamento”: Trieste inclusa. Udine continua dunque ad essere finanziata in base ad una fotografia fatta tanti anni fa e così si becca un sotto finanziamento che oscilla, con segno meno, dal 18 al 20%: ossia 95 milioni di euro dal 2001 ad oggi. E Trieste? E’ una delle università più fortunate, o meglio, privilegiate, d’Italia: la quinta nella classifica delle Università più sovra finanziate (+ 19%). Ma nonostante questo sovra finanziamento, Trieste pare abbia corsi di laurea privi dei requisiti minimi per rimanere attivi.

Se poi ci aggiungi il ministro Tremonti che vuole diminuire i finanziamenti alle università

Ma niente paura, ci pensa la neo-assessore regionale alla ricerca e alle Università, la triestina.doc, Alessia Rosolen (con l’aiuto dei collaborazionisti friulani Tondo e Saro), a mettere a posto tutto: una bella “Fondazione regionale di diritto privato delle Università del Friuli – Venezia Giulia” e ogni problema è risolto: per Trieste s’intende! Perché pare, che nonostante le alte grida di aiuto che si levavano, e continuano a levarsi, da Palazzo Florio a Udine, in tutti questi anni nessun parlamentare regionale si sia mai preoccupato del sotto-finanziamento dell’università friulana. Oddio, se si tratta di salvare il Fondo per Trieste, allora ci si fa in quattro, ma in regione qualcuno deve pure andare a fare il fieno: e poi quante pretese questo contado contadino!

A dire il vero la “becchina” dell’università del Friuli ha anche altre strane idee: troppi doppioni tra le due università: perché non proviamo a chiuderne un bel po’ a Udine? Oppure, dai, noi triestini siamo notoriamente generosi, facciamo come per i corsi infermieristici: i doppioni li attiviamo ad anni alterni. Ma le facoltà universitarie friulane non hanno problemi di requisiti minimi! Suvvia, friulani, qualche piccolo sacrificio per la grande Trieste lo potete ben fare.

E la biblioteca della facoltà friulana di giurisprudenza? Per Alessia Rosolen non deve essere finanziata. Così pare aver dichiarato ai giornalisti in una intervista al Gazzettino. Mon Dieu! C’è già quella molto fornita della facoltà di giurisprudenza di Trieste, che bisogno c’è di sprecare così preziosi finanziamenti! Un consiglio all’assessore Molinaro: vuole risparmiare con le biblioteche comunali? Segua i suggerimenti della collega Rosolen: elimini tutte la biblioteche salvo una: quella di Trieste. E perché non mantenere in vita solo la biblioteca di Stato di Roma? Pensa che risparmio! Chi glielo suggerisce a Berlusconi?

Pare di essere a “Scherzi a parte”, ma purtroppo non è così: Alessia Rosalen, con la preziosa collaborazione di Tondo e Saro, ci sta confezionando un bel pacco dono: la cancellazione dell’Università autonoma del Friuli!.

Michele Tuan  – Castions di Strada

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COMMENTO della Redazione del Blog

La lettera è stata pubblicata sul quotidiano “IL GAZZETTINO” di Udine il  24 luglio 2008, ossia ben 12 anni fa…..ma  pare scritta oggi!!
I “PREDONI” sono di nuovo in attività!!
Nel 2009 Presidente di regione era Renzo Tondo, triestino di adozione, mentre ora  Presidente di regione è Massimiliano Fedriga,  triestino doc.

L’assessore regionale alla ricerca e all’università?  Alessia Rosolen (“triestina” super-DOC) sia nel 2008 che oggi…

Così scriveva l’on.le Arnaldo Baracetti nel 2009 in un articolo pubblicato sul quotidiano Il Messaggero Veneto, articolo  che non possiamo non ricordare e che menziona Alessia Rosolen e il “suo” tentativo, ieri come oggi, di imporre una “Fondazione regionale” che non serve se non a ricattare l’ateneo friulano e che porrà termine all’autonomia della nostra Università: allora questo tentativo  fu bloccato dal Rettore Compagno e dalla comunità friulana. E oggi? Naturalmente, poi a cose fatte il Presidente Fedriga  ci spiegherà – come ha tentato di fare con Friuli Innovazione “rapinato” da Trieste – che la Fondazione regionale è un grandissimo vantaggio per l’Università friulana e i Friulani.

Arnaldo Baraccetti non era della stessa opinione…..e nemmeno noi!

UDINE? E’ un quartiere di Trieste!

Consiglio Comunale udinese del 17 febbraio 2020: ratifica dell’accordo che trasforma Friuli Innovazione in un feudo triestino.

Incredibile la seduta del Consiglio Comunale di Udine. La fantascienza non è nulla in confronto a quanto si è ascoltato (interventi della maggioranza di governo comunale)  durante la seduta del 17 febbraio 2020.

La conclusione? Udine non è la Capitale del Friuli ma un quartiere di Trieste.

Non importa, il Friuli e i Friulani  faranno a meno di questa città con la puzza sotto il naso  che ha rifiutato il ruolo di Capitale del Friuli per essere un quartiere di Trieste, e si è dimostrata una fedele esecutrice degli ordini di Alessia Rosolen e Massimiliano Fedriga (entrambi triestinissimi).

Per il Consiglio comunale di Udine va bene, anzi benissimo che il “predatore” (Trieste e i suoi centri di ricerca) si impadronisca di Friuli Innovazione (la preda): ne prendiamo atto!!

Pure la Comunità friulana né prende atto e va avanti senza Udine.  Andremo là dove c’è ancora il Friuli (Talmassons, Codroipo, Spilimbergo, Romans d’Isonzo, Cividale, Tolmezzo, ecc.) e da lì partiremo per difendere il Friuli da chi lo vorrebbe preda.

Udine? Questa sera si è cancellata dalla carte geografiche del Friuli. Non la difenderemo più: non lo merita.  Si trasferisca pure alla periferia di Trieste.

Il Sindaco di Udine? Un finto friulano che è prima “leghista triestino” e poi friulano. Ci risulta abbia sempre ignorato le missive che gli segnalavano che i cartelli stradali bilingui di Udine (friulano-italiano) vengono troppo spesso sostituiti con cartelli monolingui (solo italiano);  e ora ha svenduto Friuli Innovazione a Trieste.

Non importa, la Comunità friulana  può fare a meno sia di Udine che del suo Sindaco triestinocentrico. Il Friuli ha saputo superare il dramma del terremoto del 1976, saprà difendersi anche dal “predatore” triestino.

Un grazie al Consigliere comunale  Enrico Bertossi che “invano” ha cercato di far capire alla destra triestina del Comune di Udine che da oggi in poi, senza Friuli Innovazione  “friulana”, il Friuli sarà più povero.

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TRIESTE E LA LOGICA DEL “PREDATORE”!!

Il Friuli o ridiventa una “comunità politica”,
o scomparirà presto.

di Sandro Fabbro

Grazie alle recenti dichiarazioni del Sindaco di Udine (MV, 06.02.2020) apprendiamo, anche se con notevole ritardo perché la questione andava avanti da tempo, che, il riassetto societario di Friuli Innovazione porterà ad un controllo triestino di un asset friulano. Almeno ora siamo tutti avvisati. O si fa qualcosa o, piano piano e senza colpo ferire, si scompare.

D’altra parte, l’Assessore regionale Alessia Rosolen che, per competenza, ha seguito la vicenda, è stata, come sempre (le va dato atto), piuttosto chiara: “La ristrutturazione societaria di Friuli Innovazione è una risposta alle istanze dell’Università di Udine, della Camera di Commercio e di Confindustria Udine”. Come dire che è inutile rivendicare la friulanità di Friuli Innovazione, se gli enti friulani che ne fanno parte, in primis, auspicano un riassetto che vada a favore di una governance triestina. L’Università di Udine sembra sia stata la prima a tirarsi fuori da Friuli Innovazione. Certamente avrà avuto delle valide ragioni “aziendali” a monte, ma non pare accettabile che: a. un ente di quella importanza per tutto il Friuli e che ha per Statuto “l’obiettivo di contribuire al progresso civile, sociale e alla rinascita economica del Friuli”, prenda, in solitudine, la decisione di abbandonare Friuli Innovazione che essa stessa aveva voluto nei primi anni duemila; b. che enti pubblici che hanno come missione lo sviluppo del territorio friulano, deleghino pezzi importanti dell’innovazione industriale friulana a una direzione strategica che di fatto si sposta a Trieste. E ciò, non per una pregiudiziale chiusura verso gli enti di ricerca di Trieste (i cui meriti e capacità sono fuori discussione), ma perché, non esistendo reciprocità, si determina uno squilibrio inaccettabile. Da almeno vent’anni, infatti, il patto paritario tra Friuli e Trieste (a uno il presidente della Regione e all’altro il capoluogo), che aveva fondato la Regione FVG, non è più osservato e, da allora, la situazione è decisamente squilibrata a favore di Trieste. In questo squilibrio, è inevitabile che la “città metropolitana” di Trieste sia già di fatto (anche se non lo è ancora di diritto) al lavoro e consideri il Friuli, che oggi non esiste né politicamente né istituzionalmente, un territorio di conquista (voci autorevoli sostengono che Friuli Innovazione è solo un “boccone” e che altri ne seguiranno anche più ghiotti) perché questa è la logica, spietata ma realistica, del “predatore” nei confronti delle “prede” che non possono o non sanno come difendersi. E’ pura cortina fumogena asserire, peraltro, come qualcuno ha detto cercando di sminuire la questione, che si tratti dei “soliti campanilismi”. Si potrebbe ricorrere a questa spiegazione se fosse vero anche il contrario, e cioè se Udine fosse nelle condizioni di mirare a conquistare gli asset di Trieste. Ma così non è.

 La posizione del Comune di Udine ora è debole e apparentemente isolata ma potenzialmente rilevante. E’ l’unico soggetto istituzionale rimasto che può legittimamente candidarsi a difendere una linea del Piave e passare all’azione propositiva. Per farcela, però, deve darsi un piano all’altezza della sfida e trovare gli alleati giusti. Si deve auspicare che i tre enti, di cui sopra, diventino alleati a tutti gli effetti. Ma Udine deve muoversi anche verso tutti i comuni friulani. Non è cosa facile, sappiamo! Ogni Comune, in Friuli, oggi più che mai, è una polis per conto suo. Nell’antica Grecia le poleis, le città-stato come Atene, Sparta, Tebe, Corinto ecc. erano sempre in lotta tra di loro. Tuttavia, nel momento del bisogno, per non perdere la loro libertà e le loro prerogative, sapevano allearsi o addirittura federarsi per reagire assieme. Ovvio che qui non si è in guerra e non si tratta di difendersi da un nemico. Conviviamo, Friuli e Trieste, nella stessa Regione. Ci mancherebbe! Ma, fatte le debite proporzioni, si deve chiedere con forza, nell’interesse della stessa unità regionale, un sostanziale riequilibrio tra Friuli e Trieste. Udine ha l’obbligo di partire per prima con delle proposte. Per non rischiare di rimanere sola deve mostrarsi convincente verso gli altri Comuni friulani. Lanci, quindi, una proposta aperta e non egemonica a tutti i Comuni friulani (quelli di qua e di là, di su e di giù), affinché uniscano le loro forze per chiedere una istituzione politica capace di far emergere una visione unitaria e strategica dello sviluppo economico-territoriale, altrimenti il Friuli scomparirà in poco tempo.

Prof. Sandro Fabbro

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La Redazione del Blog e il Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli, ringraziano il prof. Sandro Fabbro (docente presso l’Università del Friuli) per averci  concesso la pubblicazione del suo ottimo articolo, già pubblicato sul quotidiano Il Messaggero Veneto (Udine) giovedì 13 febbraio 2020 a pagina 42, rubrica “L’INTERVENTO” 

“L’avevamo detto” – Il caso Friuli Innovazione…..ma non solo!!

Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli

Comunicato Stampa

13 febbraio 2020

L’avevamo detto!

L’avevamo detto!!

Non serve a niente ricordarlo ma, in questi tempi di scarsa memoria, forse è necessario. E’ necessario ricordare che, quando la politica regionale decise l’abolizione delle provincie e l’istituzione delle UTI, noi osservammo che il Friuli veniva ridotto ad uno spezzatino privo di una rappresentanza politica unitaria come era quella determinata dalle tre provincie di Gorizia, Pordenone e Udine. Il Friuli veniva indebolito al punto tale che solo lo spostamento della capitale regionale da Trieste a Udine avrebbe compensato la situazione.

Ovviamente siamo stati derisi, soprattutto in Friuli, ma oggi vediamo le conseguenze della debolezza politica friulana conseguente a quella decisione (e alle varie riforme elettorali). Oggi vediamo il caso di Friuli Innovazione che si vuole rilanciare ponendolo sotto controllo triestino, ma se una realtà è una realtà di successo con bilanci in attivo come Friuli Innovazione, che bisogno c’è di “RILANCIARLA”?

Sul pregresso è inutile ripeterci, sarebbe cosa lunga e risaputa e a questo punto dobbiamo dire che ci restano solo tre strade:

  • la vecchia e sempre valida separazione della Regione in due aree autonome sul modello Trentino-sud Tirolo

  • lo spostamento della capitale regionale a Udine

  • l’adozione del motto di una importante famiglia friulana del Medio Friuli: Silenzi, sacrifici, segretece! Dove bisogna intendere che gli enti friulani devono imparare a non apparire, niente comunicati stampa, riserbo assoluto per non far sapere a Trieste quello che fanno, niente utili di bilancio, sedi povere che non invoglino nessuno a metterci le mani….

In realtà ce ne sarebbe una quarta: chiedere conto ai consiglieri regionali (la maggioranza è friulana) di queste scelte. Come dicono negli USA: scrivete al vostro deputato!

Dr. Paolo Fontanelli