PIANURA ILLUMINATA E MONTAGNA AL BUIO – di Franceschino Barazzutti

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
13 dicembre 2020

PIANURA ILLUMINATA E MONTAGNA AL BUIO

Puntuale, come in ogni maltempo, anche questa volta si è ripetuta la stessa situazione: paesi della montagna rimasti al buio ed al freddo a causa dei guasti alla rete di distribuzione dell’energia elettrica. Situazione paradossale poiché a rimanere al buio sono quelle valli dove grandi centrali e tante centraline idroelettriche producono energia.

Riporto solo a titolo di esempio e perché significativa la situazione dell’Alta Val Degano che finisce spesso nella cronaca giornalistica per le interruzioni della corrente elettrica a causa del maltempo nonostante la notevole presenza delle centrali idroelettriche di Luincis-Applis, del Vaglina, di Magnanins, del Fulin, del Degano ad Avoltri, della società Monte Cucco.

Il fatto che a rimanere al buio siano proprio le località di montagna dove si produce l’energia elettrica induce una serie di considerazioni sulle cause e sui rimedi. Nell’articolata società moderna sono i territori di pianura, urbani, industriali a costituire la struttura economica e finanziaria portante del paese finendo per essere dominanti anche sul piano culturale e politico, oltre che territoriale. Ne consegue che ai territori cosiddetti marginali, quali sono per lo più quelli montani, viene assegnato un ruolo “di servizio” che li mantiene nella loro marginalità: non consumatori ma solo produttori di energia elettrica sfruttando all’inverosimile la risorsa principale della montagna che è l’acqua. Energia da portare altrove su impattanti elettrodotti aerei anziché interrati e lasciare invece in loco il territorio con i fiumi, torrenti e persino ruscelli ridotti a nude pietraie senza un filo d’acqua.

La legislazione nazionale è conseguente, tant’è che prevede che, eccezion fatta per le cooperative energetiche, i produttori idroelettrici della nostra montagna debbano conferire l’energia prodotta alle società dispacciatrici Terna e Enel che la trasportano innanzitutto nei citati territori di pianura, urbani, popolosi ed industriali che assicurano buoni profitti ai loro azionisti per quasi il 50% stranieri. In tale contesto diventa di secondaria importanza per tali società la puntuale fornitura ai territori montani marginali e disagiati che non “rendono” finanziariamente a causa dei pochi abitanti-utenti per lo più vecchi. Territori che quindi vengono trascurati negli investimenti e nella gestione delle linee che, nelle particolari condizioni ambientali e paesaggistiche della montagna, si dovrebbero interrare e non ricorrere alla comoda attribuzione di colpa a quegli alberi che sotto il peso della neve o la forza del vento cadono sulle linee elettriche aeree.

Quello dell’idroelettrico è un aspetto settoriale del più generale rapporto distorto tra realtà urbane e periferie montane. Provvedere a raddrizzare la stortura di tale rapporto è compito e dovere delle politica nazionale con adeguati provvedimenti legislativi, mezzi e non solo. Innanzitutto abolendo l’obbligo del conferimento dell’energia prodotta ai dispacciatori Terna ed Enel lasciando a disposizione del territorio di produzione la quantità di energia ad esso necessaria. Così, per esempio, per evitare che Forni Avoltri resti senza corrente elettrica basterebbe la posa di un centinaio di metri di cavo per collegare la centrale idroelettrica della Comunità Montana direttamente alla rete di distribuzione interrata dell’abitato. Lo stesso potrebbe essere realizzato in altre analoghe situazioni.

La legge sul passaggio del grande idroelettrico alle regioni va in questa giusta direzione prevedendo tra l’altro che parte dell’energia prodotta venga gratuitamente consegnata alla Regione per essere utilizzata nei territori montani di produzione. Si tratta di ampliare tale disposizione anche alle tante invasive centraline dal momento che i loro proprietari privati realizzano profitti sfruttando l’acqua che è un bene delle comunità locali. Invero, per raddrizzare la citata stortura è ormai indilazionabile – essendo l’ultima la n.1102 del 1971 – l’adozione di una nuova legge nazionale organica sulla montagna, che ponga in campo adeguati strumenti e mezzi.

A raddrizzare tale stortura è chiamata anche la nostra Regione costituendo senza ulteriori indugi la propria società energetica (SEFVG) a capitale pubblico da tempo annunciata sull’esempio delle province autonome di Trento e Bolzano. Società che assuma la gestione non solo del grande idroelettrico ma anche delle centraline le cui concessioni vengono via via a scadenza. Inoltre va posto fine alla politica regionale di rilascio di concessioni a dritta e a manca per la costruzione di centraline idroelettriche persino sugli ormai rari corsi d’acqua rimasti liberi da parte di privati nelle mani dei quali vengono consegnati per 30 anni per produrre profitti che vanno nelle loro tasche e non già a beneficio delle comunità locali.

Sono chiamati anche i Comuni che, prendendo esempio da quelli trentini, dovrebbero essere loro, singolarmente o associati, a produrre e distribuire energia elettrica alle proprie comunità anziché favorire i derivatori privati per ricevere in compensazione la sistemazione di qualche marciapiede, il che va meglio definito come obolo. Sono chiamate anche le nuove Comunità Montane, in particolare quella della Carnia, che disponendo già di un proprio parco di centrali idroelettriche potrà e dovrà sviluppare una politica tesa a creare sinergie con la Società Elettrica Cooperativa Alto But (SECAB) e la Cooperativa Elettrica di Forni di Sopra, storiche cooperative che hanno maturato una notevole esperienza, al fine di raggiungere se non un’autonomia energetica della Carnia almeno, inizialmente, di ogni singola vallata.

Sono chiamati anche gli abitanti della montagna a brontolare meno nelle poche osterie rimaste ed a interessarsi di più al proprio territorio ed alla propria comunità per contribuire a risolverne i problemi.

Franceschino Barazzutti
(già presidente del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano (BIM) del Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico)

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Complimenti vivissimi a Franceschino Barazzutti per la chiara denuncia ed esposizione  dei problemi e la costanza nella battaglia.

Il Comitato per l’autonomia e il rilancio del  Friuli