Limite al numero di studenti stranieri nelle classi.
Comincia così il progetto di regionalizzazione del sistema scolastico: un pessimo inizio perché crediamo che la risposta debba essere un’altra.
Deve essere un’altra perché la situazione demografica del Friuli, con poche nascite “autoctone” e con aree in cui i lavoratori stranieri vivono stabilmente, rischia di avere come conseguenza la chiusura di classi e la migrazione degli alunni in altri comuni. La limitazione degli stranieri può essere gestita ma solo coordinando tutte le scuole dell’area interessata, con lo spostamento di immigrati e di autoctoni, con servizi di trasporto e di suddivisione secondo criteri di pianificazione centralizzata oggi politicamente e socialmente non facilmente proponibili. Ne sarebbe accettabile che gli uni restino vicino casa e gli altri debbano cercarsi una scuola in comuni più o meno lontani, in un sistema discriminatorio socialmente ingiusto.
Resta il problema di non creare “classi ghetto” e per questo serve equilibrio nella formazione delle classi, risorse per i progetti di integrazione, coinvolgimento di tutte le bambine e bambini nei programmi extracurricolari e nella attività sportive e formazione specifica per gli insegnanti.
L’ineluttabilità della presenza degli immigrati nella società regionale deve essere affrontata pensando al loro coinvolgimento pieno nella società, non nel rendere difficile il loro inserimento e la nostra storia di friulani dovrebbe insegnarci qualcosa.
Una scuola regionalizzata deve rispondere anche ad una esigenza specifica del nostro territorio: quell’educazione plurilinguistica assolutamente indispensabile, rivolta al friulano ed alle altre lingue regionali, senza la quale la nostra specialità diventa sempre più labile.
Paolo Fontanelli