FRIULI: DIGHE E LIVELLI OCCUPAZIONALI

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
24 febbraio 2021

I Comitati Valcellina, Valmeduna e Tutela delle Acque del Bacino Montano del Tagliamento, sono preoccupati di quanto sta accadendo sul fronte occupazionale nella gestione delle grandi derivazioni idroelettriche in F-VG in quanto i concessionari stanno ignorando  quanto previsto  dalla   legge sulle grandi derivazioni idroelettriche, approvata all’unanimità dalla nostra Regione e in particolare quanto in essa previsto sul tema “lavoro e sicurezza”. Nella legge regionale sopraccitata, in ben 3 articoli (12,13,17) si pone come criterio di valutazione del Progetto presentato dal concessionario richiedente il rinnovo della concessione, oltre che il rispetto delle normative della sicurezza dei lavoratori, delle persone e del territorio, l’incremento dei livelli occupazionali e di quelli qualificati in particolare, la tutela della salute, nonchè il rispetto degli orari di lavoro, la promozione della stabilità occupazionale del personale esistente, il mantenimento dei diritti acquisiti dai lavoratori sulla base dei contratti collettivi nazionali e territoriali.

I COMITATI SONO PREOCCUPATI E SI MERAVIGLIANO:

1) delle poche voci dei Sindaci, soprattutto di quelli carnici, che si sono levate a difesa dei posti di lavoro locali e qualificati, per contrastarne l’emorragia che da tempo  il gestore A2A delle grandi dighe carniche persegue e continua anche ora evitando di rimpiazzare il personale qualificato non solo quello a presidio della sicurezza delle dighe, anche in procinto di pensionamento ma ristrutturando l’organico in essere o caricando i turni lavorativi o subappaltando i compiti con personale esterno non qualificato.

2) dell’incomprensibile comportamento del Sindacato regionale  confederale Cgil, Uil, Cisl, che invece di difendere i lavoratori del settore elettrico e la qualità del loro lavoro, sottoscrivono un contratto territoriale di 2^livello con l’azienda A2A  che modifica il contratto originario, derogando alla legge e al CNCL (Contratto Nazionale Collettivo del Lavoro), permettendo così la sostituzione dei guardiadighe con i  Vigilantes a presidio delle grandi dighe, senza più il reintegro dei lavoratori in pensione, anche dei manutentori, desertificando ulteriormente il territorio di competenze lavorative e posti lavoro.

3) della mancata presa di posizione della nostra Giunta regionale di fronte   a questa politica aziendale di A2A, gestore di un bene demaniale, nel prossimo futuro regionale, tesa a ridurre il lavoro sul territorio ma non i propri utili.

4) della mancata opposizione a tale modifica dell’organizzazione del lavoro effettuata da A2A, da parte del Ministero delle Infrastrutture (MIT), a cui compete il controllo   delle grandi dighe. Si ricorda che le grandi dighe del F-VG sono tutte in zona di alta sismicità, pertanto il presidio di guardiania promosso ora da A2A con 1 guardiadighe con turno dalle 8 alle 16 e poi sostituito da 1 Vigilante non qualificato per le altre ore notturne, non è ammissibile.

24 febbraio 2021

Con viva preghiera di pubblicazione. Grazie. Distinti saluti. Franceschino Barazzutti .

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PIANURA ILLUMINATA E MONTAGNA AL BUIO – di Franceschino Barazzutti

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
13 dicembre 2020

PIANURA ILLUMINATA E MONTAGNA AL BUIO

Puntuale, come in ogni maltempo, anche questa volta si è ripetuta la stessa situazione: paesi della montagna rimasti al buio ed al freddo a causa dei guasti alla rete di distribuzione dell’energia elettrica. Situazione paradossale poiché a rimanere al buio sono quelle valli dove grandi centrali e tante centraline idroelettriche producono energia.

Riporto solo a titolo di esempio e perché significativa la situazione dell’Alta Val Degano che finisce spesso nella cronaca giornalistica per le interruzioni della corrente elettrica a causa del maltempo nonostante la notevole presenza delle centrali idroelettriche di Luincis-Applis, del Vaglina, di Magnanins, del Fulin, del Degano ad Avoltri, della società Monte Cucco.

Il fatto che a rimanere al buio siano proprio le località di montagna dove si produce l’energia elettrica induce una serie di considerazioni sulle cause e sui rimedi. Nell’articolata società moderna sono i territori di pianura, urbani, industriali a costituire la struttura economica e finanziaria portante del paese finendo per essere dominanti anche sul piano culturale e politico, oltre che territoriale. Ne consegue che ai territori cosiddetti marginali, quali sono per lo più quelli montani, viene assegnato un ruolo “di servizio” che li mantiene nella loro marginalità: non consumatori ma solo produttori di energia elettrica sfruttando all’inverosimile la risorsa principale della montagna che è l’acqua. Energia da portare altrove su impattanti elettrodotti aerei anziché interrati e lasciare invece in loco il territorio con i fiumi, torrenti e persino ruscelli ridotti a nude pietraie senza un filo d’acqua.

La legislazione nazionale è conseguente, tant’è che prevede che, eccezion fatta per le cooperative energetiche, i produttori idroelettrici della nostra montagna debbano conferire l’energia prodotta alle società dispacciatrici Terna e Enel che la trasportano innanzitutto nei citati territori di pianura, urbani, popolosi ed industriali che assicurano buoni profitti ai loro azionisti per quasi il 50% stranieri. In tale contesto diventa di secondaria importanza per tali società la puntuale fornitura ai territori montani marginali e disagiati che non “rendono” finanziariamente a causa dei pochi abitanti-utenti per lo più vecchi. Territori che quindi vengono trascurati negli investimenti e nella gestione delle linee che, nelle particolari condizioni ambientali e paesaggistiche della montagna, si dovrebbero interrare e non ricorrere alla comoda attribuzione di colpa a quegli alberi che sotto il peso della neve o la forza del vento cadono sulle linee elettriche aeree.

Quello dell’idroelettrico è un aspetto settoriale del più generale rapporto distorto tra realtà urbane e periferie montane. Provvedere a raddrizzare la stortura di tale rapporto è compito e dovere delle politica nazionale con adeguati provvedimenti legislativi, mezzi e non solo. Innanzitutto abolendo l’obbligo del conferimento dell’energia prodotta ai dispacciatori Terna ed Enel lasciando a disposizione del territorio di produzione la quantità di energia ad esso necessaria. Così, per esempio, per evitare che Forni Avoltri resti senza corrente elettrica basterebbe la posa di un centinaio di metri di cavo per collegare la centrale idroelettrica della Comunità Montana direttamente alla rete di distribuzione interrata dell’abitato. Lo stesso potrebbe essere realizzato in altre analoghe situazioni.

La legge sul passaggio del grande idroelettrico alle regioni va in questa giusta direzione prevedendo tra l’altro che parte dell’energia prodotta venga gratuitamente consegnata alla Regione per essere utilizzata nei territori montani di produzione. Si tratta di ampliare tale disposizione anche alle tante invasive centraline dal momento che i loro proprietari privati realizzano profitti sfruttando l’acqua che è un bene delle comunità locali. Invero, per raddrizzare la citata stortura è ormai indilazionabile – essendo l’ultima la n.1102 del 1971 – l’adozione di una nuova legge nazionale organica sulla montagna, che ponga in campo adeguati strumenti e mezzi.

A raddrizzare tale stortura è chiamata anche la nostra Regione costituendo senza ulteriori indugi la propria società energetica (SEFVG) a capitale pubblico da tempo annunciata sull’esempio delle province autonome di Trento e Bolzano. Società che assuma la gestione non solo del grande idroelettrico ma anche delle centraline le cui concessioni vengono via via a scadenza. Inoltre va posto fine alla politica regionale di rilascio di concessioni a dritta e a manca per la costruzione di centraline idroelettriche persino sugli ormai rari corsi d’acqua rimasti liberi da parte di privati nelle mani dei quali vengono consegnati per 30 anni per produrre profitti che vanno nelle loro tasche e non già a beneficio delle comunità locali.

Sono chiamati anche i Comuni che, prendendo esempio da quelli trentini, dovrebbero essere loro, singolarmente o associati, a produrre e distribuire energia elettrica alle proprie comunità anziché favorire i derivatori privati per ricevere in compensazione la sistemazione di qualche marciapiede, il che va meglio definito come obolo. Sono chiamate anche le nuove Comunità Montane, in particolare quella della Carnia, che disponendo già di un proprio parco di centrali idroelettriche potrà e dovrà sviluppare una politica tesa a creare sinergie con la Società Elettrica Cooperativa Alto But (SECAB) e la Cooperativa Elettrica di Forni di Sopra, storiche cooperative che hanno maturato una notevole esperienza, al fine di raggiungere se non un’autonomia energetica della Carnia almeno, inizialmente, di ogni singola vallata.

Sono chiamati anche gli abitanti della montagna a brontolare meno nelle poche osterie rimaste ed a interessarsi di più al proprio territorio ed alla propria comunità per contribuire a risolverne i problemi.

Franceschino Barazzutti
(già presidente del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano (BIM) del Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico)

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Complimenti vivissimi a Franceschino Barazzutti per la chiara denuncia ed esposizione  dei problemi e la costanza nella battaglia.

Il Comitato per l’autonomia e il rilancio del  Friuli

BASTA ALLO STRAPOTERE E ALLA PREPOTENZA DEI DERIVATORI IDROELETTRICI CHE SFRUTTANO L’ACQUA ALTRUI A VANTAGGIO DEI PROPRI PROFITTI!!

RICEVIAMO E CONDIVIDIAMO  SIA IL COMUNICATO STAMPA CHE LA BATTAGLIA AFFINCHE’ CESSI IL FURTO DELL’ACQUA PUBBLICA E SI ISTITUISCA UNA SOCIETA’ DI CAPITALI  A PARTECIPAZIONE INTERAMENTE PUBBLICA.

Il Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli   

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COMUNICATO STAMPA

Il 27 febbraio 2017 i Consiglieri regionali Revelant, Tondo, Riccardi, Colautti, Violino, Marsilio, Ciriani, Zilli e Piccin depositavano la Proposta di legge n.193, che prevedeva la costituzione di una società di capitali, a partecipazione interamente pubblica, operante nel settore dell’energia da denominare “Società Energia Friuli Venezia Giulia – SEFVG”.

Senonchè, il 9 giugno 2017 l’Associazione delle imprese elettriche italiane “Elettricità Futura” indirizzava alla Regione una lettera in cui esprimeva la propria contrarietà non solo all’aumento dei canoni concessori, ma addirittura alla costituzione di tale Società regionale. Ebbene, la società SEFVG è ancora di là da venire e la conclusione amara è una sola: i derivatori idroelettrici sono tanto influenti e potenti da imporsi alla Regione e – viceversa – la Regione è succube dei derivatori idroelettrici.

La stessa situazione si sta verificando in questi giorni a livello nazionale, in relazione alla vigente Legge n.12/2019 che, all’art.11-quater, prevede il passaggio del grande idroelettrico dallo Stato alle Regioni con notevoli vantaggi per i territori montani interessati dalle derivazioni. Ecco che, anche questa volta, le Associazioni dei derivatori idroelettrici “Utilitalia” e “Elettricità Futura”, approfittando dell’esame in Parlamento della Legge di bilancio 2021, indirizzavano una lettera al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli in cui chiedevano modifiche al vigente art. 11-ter della Legge n.12/2019 a loro vantaggio e a detrimento del ruolo delle Regioni. Richieste di modifiche che, purtroppo, han trovato accoglimento nell’art. 156 del Disegno di Legge di bilancio 2021 del Governo. Conclusione amara: i derivatori idroelettrici si sono dimostrati tanto influenti e potenti da imporsi allo Stato e – viceversa – lo Stato è succube dei derivatori idroelettrici. Per fortuna, l’ art. 156, durante la discussione di ieri in Commissione Bilancio, è stato stralciato, ma temiamo che si tenti di farlo risuscitare. Le Regioni italiane, che sono riuscite a fare la legge entro il 31 0ttobre 2020, in applicazione della legge 12/2019, dovrebbero gestire da sole, predisponendo delle gare per il rinnovo delle Concessioni scadute delle grandi derivazioni la cui potenza nominale dovrebbe restare di 3 MW, non, come impongono i Derivatori nella letterina al Ministro, di essere innalzata a 10 MW per risparmiare sui canoni e per evitare le gare prescritte: in Italia, infatti sono ben poche le derivazioni con questa potenza.

Ce n’è più che abbastanza per dire BASTA allo strapotere ed alla prepotenza dei derivatori idroelettrici che sfruttano l’acqua – risorsa prima dei sofferenti territori montani – per portare e l’energia prodotta nelle aree urbane industrialmente sviluppate e i profitti realizzati nelle proprie tasche, lasciando ai territori montani l’elemosina dei sovraccanoni BIM e i fiumi, torrenti e rii senz’acqua ridotti a pietraie.

Dietro l’inserimento dell’art. 156 nella Legge di bilancio 2021, noi intravediamo l’ interessata e potente manina delle grandi multiutility, il cui pacchetto azionario appartiene in larga misura ai grandi Comuni, per lo più della pianura padana. Ebbene, questi grandi Comuni si comportano come predatori nei confronti dei Comuni montani – prede. Ciò è tanto più inaccettabile poiché la gran parte di questi grandi Comuni è retta da amministratori che, per la loro collocazione politica, dovrebbero avere e praticare la solidarietà ed il rispetto verso i loro connazionali che vivono nelle disagiate condizioni della montagna, dalla quale giunge nelle loro case e fabbriche la corrente elettrica.

E’ necessario che tutte le rappresentanze istituzionali dei nostri territori montani, indipendentemente dalla loro collocazione politica – parlamentari, presidente, assessori e consiglieri della Regione e sindaci, respingano con decisione questo tentativo delle Associazioni dei derivatori di inserire nella Legge di bilancio 2021 i contenuti dell’art. 156, da loro formulati a difesa del mantenimento dei loro profitti e a detrimento dei territori montani sfruttati. E’ necessario che chiedano con determinazione che lo Stato, se deve riprendersi la gestione delle grandi derivazioni delle Regioni che non sono state capaci di legiferare entro la scadenza fissata, lo faccia nel rispetto di quanto prescrive la legge 12/2019, non sui suggerimenti dei Derivatori. Parimenti è necessario che i cittadini della Regione, in particolare gli abitanti dei territori montani, si mobilitino affinchè la sempre più strategica risorsa acqua sia saggiamente utilizzata a vantaggio loro e della terra in cui vivono e non di speculatori, tanto più se “foresti”.

I Comitati di difesa territoriale della montagna – come sempre – sono in campo!

– Comitati Acque Valcellina e Valmeduna
– Comitato per la difesa e valorizzazione del Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni
– Per il Comitato tutela acque del bacino montano del Tagliamento: Franceschino Barazzutti

22 novembre 2020

“COMUNI PREDATORI E COMUNI PREDE” di Franceschino Barazzutti

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Comuni predatori e Comuni prede

di Franceschino Barazzutti

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della lombarda multiutility a2a, concessionaria degli impianti idroelettrici del Tagliamento con le centrali di Ampezzo e di Somplago, contro il piccolo Comune di Forni di Sotto.

Motivo del contendere, che ha visto la multiutility soccombente in tutti i gradi di giudizio, da un lato è il potenziamento della portata dell’acquedotto comunale attingendo l’acqua sul Rio Chiaradia a monte della presa idroelettrica di a2a, dall’altro lato la pretesa della multiutility di essere indennizzata da parte del Comune ritenendosi danneggiata poiché la captazione dell’acquedotto riduce la portata d’acqua alla sua presa.

La controversia, oltre ad essere significativa del punto critico a cui è giunto l’utilizzo della preziosa risorsa acqua, si inserisce in un contesto ben più vasto che merita di essere esaminato: il rapporto tra grandi centri urbani e periferie. Quelle montane in particolare, adatte alla produzione idroelettrica offrendo esse le necessarie caratteristiche quali la disponibilità di acqua ed i dislivelli.

Se da un lato il piccolo Comune di Forni di Sotto ben rappresenta una periferia montana, dall’altro lato chi è a2a e chi rappresenta? a2a giuridicamente è una società multiservizi che opera secondo le leggi di mercato, i cui azionisti al 31.12.2019 sono il Comune di Milano al 25%, il Comune di Brescia al 25%, altri azionisti al 49,2% tra i quali anche soggetti esteri e la stessa a2a spa allo 0,8% con azioni proprie. Quindi a2a è un’espressione, un’emanazione, un modo di essere dei citati Comuni azionisti che ne sono i proprietari.

Quello di a2a non è un caso isolato. Infatti anche i comuni di Genova, Torino, Reggio Emilia e Parma detengono il controllo della multiutility Iren, mentre il comune di Bologna e quelli della Romagna detengono il controllo della multiutility Hera, che opera anche nella nostra regione.

Che i grandi Comuni si dotino di strumenti, quali le società da loro controllate, che provvedano a fornire i servizi necessari come la raccolta e smaltimento rifiuti, l’erogazione di gas e energia elettrica, il servizio idrico, etc sui rispettivi territori comunali è cosa logica e necessaria.

Non lo è altrettanto quando i grandi Comuni-azionisti utilizzano le società controllate per espandere la loro attività – meglio il loro business – ben oltre il proprio territorio per sfruttare la risorsa acqua dei territori periferici montani per produrre energia elettrica, peraltro portata altrove, mentre i guadagni finiscono nell’attivo dei bilanci dei Comuni azionisti, lasciando ai territori montani, già sofferenti sotto diversi aspetti, i dissesti idrogeologici prodotti dalle derivazioni, gli alvei in secca, l’obolo dei sovraccanoni ai Consorzi Bim e di qualche autopromozionale sponsorizzazione, nonché il monumento alla propria energia.

Con ciò si viene ad instaurare un rapporto di subordinazione che peggiora ulteriormente lo stato di sofferenza economica, sociale e demografica delle aree montane, tanto più se la società venuta da lontano ha la pretesa di decidere se e quanti litri d’acqua per il proprio acquedotto il Comune locale può captare da un rio del proprio territorio e anche di essere economicamente ristorata per la risibile minor produzione di energia.

La controversia tra a2a ed il Comune di Forni di Sotto evidenzia ancora una volta l’urgenza e la necessità, da un lato, di una profonda revisione della legislazione nazionale che dia maggiori tutele ai già deboli e sofferenti territori montani in particolare nei confronti delle già di per sé potenti multiutility urbane, dall’altro lato, che la nostra Regione, a statuto di autonomia speciale, faccia altrettanto ed in particolare costituisca con urgenza una propria società energetica che assuma via via il pieno controllo del settore seguendo l’esempio della Provincia di Bolzano. Diversamente gli spazi vuoti non resteranno tali, ma per la logica del mercato saranno occupati da altri e sarà l’intero territorio regionale ad essere sottomesso: l’anticipazione sono le notizie sulle trattative tra a2a, Agsm del Comune di Verona e Aim del Comune di Vicenza per la fusione in un’unica società con area operativa il nord-est in concorrenza con Hera. I predatori cercano prede: è la legge della giungla.

La conclusione di questa controversia è un messaggio ed un incoraggiamento a tutti i sindaci ed abitanti della montagna ad essere attori di una giudiziosa gestione ed utilizzazione della risorsa acqua, sempre più strategica e preziosa, nell’interesse dei loro cittadini, e non spettatori distratti, se non complici, dello sfruttamento indiscriminato non solo da parte delle forestiere società multiutility ma anche da parte di speculatori privati locali e regionali che si avvalgono degli incentivi, i certificati verdi, pagati dagli utenti con le bollette.

Lo scarso interesse dimostrato dai sindaci e dagli abitanti della Carnia, a differenza di quelli della montagna pordenonese, riguardo al passaggio alla Regione del grande idroelettrico non è un segnale incoraggiante. Per tutti dovrebbero essere di esempio, di guida e di stimolo quei vecchi che in condizioni di miseria oltre 100 anni fa fondarono la Società Elettrica Cooperativa Alto But (SECAB), tuttora ben operante in quel territorio. Nel caso non bastasse possono documentarsi su come ben operano nell’idroelettrico, e non solo, i comuni trentini singolarmente o uniti per valle.

Franceschino Barazzutti
già presidente del Consorzio BIM Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico

22 giugno 2020

“GRANDE IDROELETTRICO: UN’OCCASIONE PER LA MONTAGNA” di Franceschino BARAZZUTTI

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
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Grande Idroelettrico:
un’occasione per la montagna

di  Franceschino Barazzutti,
già presidente del Consorzio BIM Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico

“E’ in subbuglio il settore del grande idroelettrico da quando la Legge nazionale 11 febbraio 2019 n.12 (Legge Semplificazioni) all’art.11 quater prevede, fra l’altro, che alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e nei casi di decadenza o rinuncia gli impianti passino, senza compenso, in proprietà delle regioni, in stato di regolare funzionamento. Ne deriva il passaggio alla nostra Regione degli impianti della Valcellina e della Val Meduna di Edison, cioè della francese EdF, e di quelli del sistema Tagliamento della multiutility lombarda a2a con l’obbligo per la Regione di regolamentare il settore con apposita legge attuativa.

Questa legge nazionale, mentre va a intaccare lo strapotere delle potenti multiutility attuali concessionarie, offre un’importante occasione alla nostra Regione ed in particolare ai nostri territori montani, le cui acque sono ora intensamente sfruttate da questi impianti, per un loro utilizzo più rispettoso dell’ambiente e conforme agli interessi delle popolazioni residenti.

Toccati nei loro interessi, gli attuali concessionari, in particolare le grandi multiutility quotate in borsa quali Hera, Iren, a2a, Acea, sono scesi in campo contro tali disposizioni di legge con iniziative a livello nazionale e regionale miranti a svuotare, congelare, ritardare l’applicazione.

Le loro associazioni di categoria “Elettricità Futura” e “Utilitalia” con il comunicato del 03 aprile 2020 hanno diffuso l’ingiustificato allarmismo “per una visone “localistica” che toglie allo Stato ogni competenza” (leggi: a loro!) e chiesto “l’introduzione di una proroga di almeno un anno dei termini dati alle regioni per l’emanazione di tali norme ed una generale moratoria nell’applicazione delle leggi regionali già approvate, auspicando che questa normativa venga rivista”.

Già, la proroga! E’ da troppi anni che, complice lo Stato, i grandi impianti idroelettrici vengono gestiti in regime di proroga (in)giustificata con la possibilità di rientrare con l’ammortamento di qualche piccolo investimento introdotto strumentalmente nell’immediatezza della scadenza della concessione.

I derivatori idroelettrici colgono ogni occasione per difendere i propri interessi. Al Festival dell’Acqua in corso fino al 15 maggio a Bressanone Utilitalia ha presentato il rapporto da essa commissionato alla società Althesys “Il contributo economico e ambientale dell’idroelettrico italiano” dove, tra l’altro, viene rilanciato l’accumulo mediante pompaggi, che sono causa di evidenti degradi ambientali!

E’ la stessa Utilitalia, nota nella nostra Regione, che il 09.06.2017 inviava una lettera con cui esprimeva contrarietà all’aumento del canone concessorio ed alla proposta di legge n.193 di costituzione della “Società Energia Friuli Venezia Giulia – SEFVG” a partecipazione interamente pubblica, presentata il 27.02.2017 dai Consiglieri Revelant, Tondo, Riccardi,Violino, Marsilio, Ciriani, Zilli e Piccin.

Ebbene, di fronte all’offensiva del grande idroelettrico, appoggiato dai potentati economici e finanziari, assistiamo all’inerzia ed a qualche ripensamento dei poteri istituzionali, tant’è che la gran parte delle Regioni non ha adottato entro il termine previsto del 31.03.2020 (poi prorogato al 31.10) la relativa legge attuativa. Purtroppo tra queste c’è anche la nostra Regione. La quale – tra l’altro -non ha ancora convocato il laboratorio per la rinaturalizzazione del Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni, né costituita quella struttura indispensabile qual è la Società Energetica Regionale, mentre invece continua a rilasciare a piene mani concessioni di speculative centraline sugli ultimi corsi d’acqua a privati che si finanziano con i certificati “verdi” pagati dagli utenti sulla bolletta. Sorge il dubbio che nell’Assessorato Regionale all’Ambiente siedano ben pochi ambientalisti e troppi “elettricisti”.

Dall’altro lato gli Amministratori dei nostri Comuni montani non hanno capito la grande opportunità offerta da questa legge per la nostra montagna. Né l’ha capita la gente a causa di una carenza di informazioni e di dibattito pubblico che, al di là dell’emergenza coronavirus, da troppo tempo caratterizza la vita in montagna.

Qualche attenzione l’ha avuta la previsione della consegna annuale e gratuita alla Regione di 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione, per almeno il 50 per cento destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori, mentre non è stato colto il fatto che il passaggio alla Regione del governo del grande idroelettrico comporterebbe, oltre ad evidenti vantaggi economici, più facili condizioni per risolvere le gravi conseguenze provocate dallo stesso sul territorio: ridare acqua (e dignità!) al Tagliamento ed ai tanti torrenti e rii della nostra montagna rimasti in secca a causa delle indiscriminate derivazioni idroelettriche, obiettivo per il quale già negli anni 60-70 si batteva il Comitato del maestro Romualdo Fachin di Socchieve, ricaricare le falde, ripristinare la naturalità e fruibilità del Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni, utilizzare la sempre più preziosa risorsa acqua secondo il sacrosanto principio del suo uso plurimo e diversificato.

In verità ci sono degli Amministratori Comunali che hanno colto pienamente l’importanza della regionalizzazione del grande idroelettrico. Questi sono i ben 23 Sindaci della parte montana e pedemontana pordenonese, i quali hanno sottoscritto ed inviato al Presidente della Giunta regionale, agli Assessori e Consiglieri un dettagliato documento, elaborato con il contributo dei Comitati della Valcellina e della Val Meduna, con cui chiedono tra l’altro il pieno coinvolgimento loro, del territorio e di tutta la politica, indipendentemente dagli schieramenti, nella stesura della legge regionale attuativa. Documento che ho inviato a tutti i Comuni della Carnia, Canal del Ferro Valcanale e Gemonese ritenendo trovasse l’interesse dei sindaci per una loro analoga autonoma iniziativa, che però non c’è stata, tranne un passo del presidente del Bim Tagliamento, Benedetti per un incontro in Regione.

Pur comprendendo che i nostri sindaci sono occupati con l’emergenza coronavirus – ma altrettanto lo sono i loro colleghi pordenonesi – avrebbero potuto e dovuto, facendo fronte comune, almeno farne propri il documento e l’iniziativa dei colleghi pordenonesi, ove non avessero ritenuto di elaborarne uno proprio. Potrebbero comunque farlo ora. Anche questa mancanza di iniziativa è un segno del momento di sofferenza della vita politica, culturale e sociale della nostra montagna, che invece nei primi anni ’70 nella fase di costituzione della Comunità Montana della Carnia ha elaborato posizioni avanzate alle quali guardavano come riferimento gli altri territori montani. Momento di sofferenza che va subito superato per evitare che finisca in indifferenza o in ignavia.

Questo è il momento di alzare la testa per gridare, pretendere ed operare affinchè le nostre acque, in un contesto di reale autonomia regionale e locale, siano non sfruttate ma utilizzate con rispetto dell’ambiente e nell’interesse di chi vive in montagna e non dei lontani azionisti delle società idroelettriche.

Franceschino Barazzutti,
già presidente del Consorzio BIM Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico

Tolmezzo 12 maggio 2020

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