BASTA PRESE IN GIRO !!
In attesa della certissima ed ennesima “PRESA IN GIRO” della minoranza linguistica friulana e dell’ennesima, ugualmente certissima, soddisfazione e esultanza della Giunta regionale di Massimiliano Fedriga per i risultati più che RISIBILI e INSODDISFACENTI ottenuti con la nuova Convenzione Rai-Governo appena firmata, che per altro sono il pessimo risultato della assenza totale di impegno politico messo in atto dalla stessa Giunta Fedriga in favore della lingua friulana ai fini dell’attuazione dell’art. 12 della L. 482/99, pubblichiamo l’ottimo saggio a firma di Marco Stolfo, pubblicato il 23 Dicembre del 2019 con il titolo “La lingua batte dove l’Italia duole. Vent’anni di Legge 482/99, minoranze ancora “in cerca di tutela” “
Tratto dal saggio a firma di Marco Stolfo:
(…..) Una questione di principio, una questione di democrazia
La tutela delle minoranze linguistiche costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento costituzionale italiano. L’articolo 6 della Costituzione recita infatti «La Repubblica tutela le minoranze linguistiche con apposite norme». Questa previsione ha radici storiche, politiche e giuridiche molto chiare e molto forti. (….)
Prima della 482: tutela extracostituzionale, “lingue tagliate” e mobilitazioni
La Legge 482/1999 è importante e rappresenta uno spartiacque, tra un “prima” e un “dopo”. Prima di allora nella Repubblica italiana la tutela era “parziale” ed “extracostituzionale” – per usare la definizione che ne diede un autorevole costituzionalista come Alessandro Pizzorusso – in quanto riguardava solo alcune lingue e comunità ed era sostanzialmente legata ad accordi e trattati internazionali e a ragioni di “buon vicinato”. (….)
Lo Stato italiano ha usato due pesi e due misure (la creazione di strumenti e condizioni di tutela per i casi in cui è stato costretto a farlo da pressioni esterne, l’assoluta indifferenza e l’atteggiamento prepotente da “forte con i deboli” nei confronti delle altre comunità). Pertanto, con particolare intensità a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, ci sono state iniziative e mobilitazioni, a tutti i livelli, finalizzate alla effettiva applicazione di quanto previsto dall’articolo 6 della Costituzione e quindi alla creazione delle condizioni formali adeguate per l’avvio di politiche attive di rispetto e di inclusione, in alternativa ad una consolidata prassi di discriminazione e assimilazione, a vantaggio di tutte le persone e le comunità la cui lingua propria è diversa dall’italiano. (….)
Sono state particolarmente attive le comunità sarda, friulana, slovena (il cui obiettivo era l’estensione alla provincia di Udine delle garanzie previste a Trieste e nel Goriziano), albanese, ladina e occitana. Uno degli effetti di questo attivismo fu il proliferare di progetti di legge, che a lungo però non furono neppure oggetto di discussione in Commissione. (….)
Il lavoro avviato con un certo successo, nonostante una dura opposizione, fu rilanciato nella seconda metà del 1987, sfociò nell’approvazione dell’articolato alla Camera nel 1991, ma si arenò al Senato a causa – si disse – della ferma contrarietà del suo presidente, Giovanni Spadolini, che considerava il riconoscimento della pluralità linguistica come un attentato all’unità nazionale. Ci sarebbero voluti ancora otto anni di mobilitazioni, di lavoro nei due rami del Parlamento e di nuove sollecitazioni e ispirazioni europee, per giungere allo “storico” voto di approvazione del 25 novembre 1999 al Senato. (….)
Tutela delle minoranze o tutela della maggioranza dalla tutela delle minoranze?
Si tratta di un provvedimento che è arrivato tardi (forse troppo, per la situazione ormai compromessa di almeno alcune delle comunità linguistiche minorizzate) eppure, forse anche per questo, la Legge 482/1999 ha rappresentato un punto di arrivo, il risultato di istanze, lotte e mobilitazioni volte al riconoscimento della diversità linguistica in Italia e alla garanzia del diritto alla lingua per almeno tre milioni di cittadini italiani. (…)
Un punto d’arrivo e una nuova partenza (troppo spesso verso altri stop)
Nei primi anni “di vita” della legge, c’è stato un certo dinamismo, nelle istituzioni e nella società civile, i cui effetti benefici più rilevanti sono stati la riduzione dell’impatto di alcuni inveterati pregiudizi e l’aumento della visibilità del pluralismo linguistico sul territorio, per esempio attraverso la segnaletica e la toponomastica bilingue. Col passare del tempo, però, quella tendenza è venuta meno e così siamo ancora lontani dalla prevista presenza effettiva delle lingue “altre” nelle scuole, nel servizio pubblico radiotelevisivo, nelle istituzioni e nella società. (…)
È ancora all’anno zero l’attuazione della Legge 482/1999 nel servizio pubblico radiotelevisivo, nonostante la particolare chiarezza delle norme al riguardo e – si potrebbe aggiungere – nonostante il fatto che il canone Rai lo paghino anche i cittadini appartenenti alle “minoranze linguistiche storiche”. Dal 2001 (anno al quale risale il Regolamento di attuazione della Legge, approvato con il DPR 345/2001) ad oggi, nonostante le previsioni dell’articolo 12 della Legge e dell’articolo 11 del Regolamento, in nessuna convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la Rai né in nessun conseguente contratto di servizio, si è riusciti ancora ad individuare le sedi della società concessionaria competenti per ciascuna minoranza linguistica e il “contenuto minimo della tutela” per ciascuna lingua. (….)
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