“Storia e geografia a forma di bandiera. Nazionalismo banale e banalizzazioni nazionaliste” di Marco Stolfo e il neologismo “Venezia Giulia”.

 

Storia e geografia a forma di bandiera. Nazionalismo banale e banalizzazioni nazionaliste.

di Marco Stolfo

saggio pubblicato sulla rivista  “NAZIONIeREGIONI” nr. 8/2016

In uno dei passaggi più interessanti del suo celebre discorso pronunciato alla Sorbona l’11 marzo 1882, Ernest Renan afferma che l’oblio e l’errore storico costituiscono «un fattore cruciale nel processo di creazione delle nazioni». A questo proposito Michael Billig ricorda che «Ogni nazione deve possedere la propria storia, la propria memoria collettiva. Ma tale modalità del rimembrare si accompagna simultaneamente a una dimenticanza collettiva». Se ne deduce che l’antitesi tra memoria e oblio, nel processo di creazione e di consolidamento della nazione e dell’identità nazionale, si trasforma in sintesi, in memoria selettiva, che sceglie che cosa ricordare e che cosa rimuovere, occultare o modificare a proprio interesse e piacimento. Ancor più che l’oblio, quindi, per riprendere Renan, diventa «cruciale» – «persino» e soprattutto – «l’errore storico». (…)

pag. 123/124/125  del saggio:

(…) Un esempio significativo in tal senso riguarda, nel caso italiano, le nozioni di «Venezie», «Triveneto», «Tre Venezie» e «Venezia Giulia», protagoniste quotidiane di tutte le previsioni del tempo. Per il cittadino italiano medio – anche per coloro che hanno un elevato livello di istruzione (la quale – è bene ricordarlo – è anch’essa «nazionale») – queste denominazioni si riferiscono a realtà considerate «storiche» e «naturali». In verità non è così, per più ragioni: sono nomi esistenti da circa centocinquanta anni ma, come patrimonio comune e condiviso, tra istruzione, media e quotidiana, con poco più di un secolo di vita, che si riferiscono a realtà tutt’altro che univoche, certe e definite in termini storici, geografici e naturali e sono il prodotto di una interessante manipolazione tra ricordo, invenzione e amnesia. Il tutto ha origine una domenica d’estate, il 23 agosto 1863 (…)

Tra «ambiguità preziose» e banalizzazioni univoche: storia e storie del «confine orientale»

Ambiguità preziosa è proprio la caratteristica di fondo del nome-bandiera «Venezia Giulia», non solo in termini geografici, in quanto si presta a coprire un’area geografica a geometria variabile, ma anche e soprattutto in termini concettuali. Si tratta, infatti, di un neologismo artificiale, che in sé unisce le due fondamentali correnti di civiltà (Roma e Venezia) a cui il nazionalismo italiano si richiama in particolare con riferimento all’Adriatico (Purini P., 2008: p. 55; Purini P., 2015; Wu Ming 1, 2015: p. 27), e si presta ad essere utilizzato con crescente successo dalla fine dell’Ottocento in avanti, in funzione esplicitamente rivendicativa, irredentista e soprattutto espansionistica, in particolare durante il fascismo, e poi con modalità e forme «banali», ma senza perdere del tutto il calore originario, fino ai giorni nostri (Purini P., 2015; Stolfo M., 2015: pp. 325-327).

(…) Nel metodo e nel merito quell’ambiguità preziosa conferma tutt’oggi la sua forza e la sua efficacia. Di fronte al successo e alla diffusione di quelle denominazioni, è pertanto lecito pensare che oggi il numero di cittadini italiani convinti dell’esistenza delle «Venezie», del «Triveneto», delle «Tre Venezie» e soprattutto della «Venezia Giulia» sia di gran lunga superiore di quello di coloro che credono nell’esistenza di Dio. Si può aggiungere che probabilmente solo una parte di costoro è cosciente dell’approccio nazionalista, nelle sue diverse declinazioni storiche e ideologiche già richiamate, che è alla base delle stesse e ne condivide esplicitamente l’ispirazione. (…)

LEGGI TUTTO IL SAGGIO  a firma di Marco Stolfo

(da pagina 121 a pagina 130 della Rivista):  Nazioni e Regioni 8/2016

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La Redazione del Blog ringrazia il dr. Marco Stolfo per averle concesso la pubblicazione del suo ottimo saggio che dovrebbe essere conosciuto e studiato da tutti gli studenti della nostra regione soprattutto per confutare  pubblicazioni nazionaliste dove la “Storia della Venezia Giulia” inizia con la “Preistoria” (???), quando in realtà questo neologismo irredentista ed espansionista, a geografia molto variabile, ha perfino il compleanno, domenica 23 agosto 1863.

LA REDAZIONE DEL BLOG

E’ LA LINGUA FRIULANA IL MOTORE ECONOMICO DEL FRIULI, NON IL MARCHIO “IO SONO FVG” O IL PORTO DI TRIESTE

 

Quale migliore elemento di differenziazione e identificazione di un prodotto, sia  agroalimentare che ambientale/turistico, o manifatturiero, della lingua di minoranza parlata in un determinato territorio?

E’ sicuramente la lingua di minoranza, l’elemento numero uno di identificazione anche sul piano del marketing agroalimentare – turistico – manifatturiero – culturale.

E’ questa una realtà volutamente ignorata da chi ha inventato il marchio “io sono FVG”, un marchio totalmente anonimo e del tutto privo di attrattiva.

Chi lo ha inventato parla di “filiera”, parla di “riconoscibilità del territorio” ma fa riferimento a una realtà meramente amministrativa che esiste solo dal 1963 (solo da 57 anni!) con l’istituzione con legge costituzionale dello statuto di autonomia speciale della regione “Friuli (TRATTINO) Venezia Giulia”. Prima del 1963 c’era solo il Friuli  (il 95% del territorio della regione amministrativa inventata nel 1963) e l’ex Territorio Libero di Trieste (che ospita solo il 18% della popolazione regionale). Una realtà amministrativa, questa esistente dal 1963, in cui non si riconoscono neppure i suoi abitanti che, al contrario, fanno riferimento esclusivamente al Friuli o a Trieste

Chi ha inventato l’anonimo marchio “io sono FVG” dimentica “volutamente”  l’ABC del marketing e dimentica che le lingue di minoranza sono un grandissimo elemento di riconoscibilità del territorio e di identificazione commerciale dei  prodotti che il territorio vuole vendere (turismo, agroalimentare, economia manifatturiera, ecc). Un vantaggio che va a favore dell’intera comunità regionale, triestini inclusi. 

Una etichetta con il nome del prodotto che si vuole vendere (sia questo un pacchetto turistico  o la brovada friulana DOP o il prosciutto di San Daniele del Friuli, o i prodotti dell’industria del legno, ecc.) scritto in lingua friulana (lingua riconosciuta e tutelata dalla Repubblica italiana all’art. 2 della L. 482/99 che da attuazione all’art. 6 della Costituzione italiana)  è un elemento di grandissima attrattiva sul piano del marketing, sia sul piano del riconoscimento del prodotto da commercializzare che del territorio che lo ha creato.  Costituisce un elemento identificativo NON COPIABILE da nessuno, oltre che un elemento di grandissimo richiamo sul piano della curiosità del potenziale cliente. Ma, a quanto pare, l’ABC del marketing è totalmente ignorato sia dal Presidente di regione Massimiliano Fedriga, che dai suoi UBBIDIENTISSIMI  assessori regionali.

Scrive Marco Stolfo in un suo ottimo saggio del 2010 dal titolo:
( per leggere il saggio basta far scorrere verso il basso il cursore che si trova in alto a destra)

“Lingue di minoranza e promozione del territorio: oggetto, soggetto, opportunità”

” (…) ciò vale anche per l’offerta turistica, che nelle specificità linguistiche e culturali trova elementi di particolare appeal verso l’esterno e  di valorizzazione di altre peculiarità ambientali, paesaggistiche e storiche di pregio. Accanto alle tendenze omologatrici della globalizzazizone ve ne sono altre che, nei consumi e nei costumi, tendono a ricercare, promuovere e valorizzare le diversità, dall’enogastronomia, alla cultura, sino al turismo (…)” – MARCO STOLFO 

Minoranza linguistica friulana e RAI: una ostilità all’art. 12 della L. 482/99 che pare non voler mai finire?

BASTA PRESE IN GIRO !!

In attesa della certissima ed ennesima “PRESA IN GIRO” della minoranza linguistica friulana e dell’ennesima, ugualmente certissima, soddisfazione e esultanza della Giunta regionale di Massimiliano Fedriga per i risultati più che RISIBILI   e INSODDISFACENTI ottenuti con la nuova Convenzione Rai-Governo appena firmata, che per altro sono il pessimo risultato della assenza totale di impegno politico messo in atto dalla stessa Giunta Fedriga in favore della lingua friulana ai fini dell’attuazione dell’art. 12 della L. 482/99, pubblichiamo l’ottimo saggio a firma di Marco Stolfo, pubblicato  il 23 Dicembre del 2019  con il titolo  “La lingua batte dove l’Italia duole. Vent’anni di Legge 482/99, minoranze ancora “in cerca di tutela” “

La lingua batte dove l’Italia duole. Vent’anni di Legge 482/99, minoranze ancora “in cerca di tutela”

Tratto dal saggio a firma di Marco Stolfo:

(…..)  Una questione di principio, una questione di democrazia

La tutela delle minoranze linguistiche costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento costituzionale italiano. L’articolo 6 della Costituzione recita infatti «La Repubblica tutela le minoranze linguistiche con apposite norme». Questa previsione ha radici storiche, politiche e giuridiche molto chiare e molto forti. (….)

Prima della 482: tutela extracostituzionale, “lingue tagliate” e mobilitazioni

La Legge 482/1999 è importante e rappresenta uno spartiacque, tra un “prima” e un “dopo”. Prima di allora nella Repubblica italiana la tutela era “parziale” ed “extracostituzionale” – per usare la definizione che ne diede un autorevole costituzionalista come Alessandro Pizzorusso – in quanto riguardava solo alcune lingue e comunità ed era sostanzialmente legata ad accordi e trattati internazionali e a ragioni di “buon vicinato”. (….)

Lo Stato italiano ha usato due pesi e due misure (la creazione di strumenti e condizioni di tutela per i casi in cui è stato costretto a farlo da pressioni esterne, l’assoluta indifferenza e l’atteggiamento prepotente da “forte con i deboli” nei confronti delle altre comunità). Pertanto, con particolare intensità a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, ci sono state iniziative e mobilitazioni, a tutti i livelli, finalizzate alla effettiva applicazione di quanto previsto dall’articolo 6 della Costituzione e quindi alla creazione delle condizioni formali adeguate per l’avvio di politiche attive di rispetto e di inclusione, in alternativa ad una consolidata prassi di discriminazione e assimilazione, a vantaggio di tutte le persone e le comunità la cui lingua propria è diversa dall’italiano. (….)

Sono state particolarmente attive le comunità sarda, friulana, slovena (il cui obiettivo era l’estensione alla provincia di Udine delle garanzie previste a Trieste e nel Goriziano), albanese, ladina e occitana. Uno degli effetti di questo attivismo fu il proliferare di progetti di legge, che a lungo però non furono neppure oggetto di discussione in Commissione. (….)

Il lavoro avviato con un certo successo, nonostante una dura opposizione, fu rilanciato nella seconda metà del 1987, sfociò nell’approvazione dell’articolato alla Camera nel 1991, ma si arenò al Senato a causa – si disse – della ferma contrarietà del suo presidente, Giovanni Spadolini, che considerava il riconoscimento della pluralità linguistica come un attentato all’unità nazionale. Ci sarebbero voluti ancora otto anni di mobilitazioni, di lavoro nei due rami del Parlamento e di nuove sollecitazioni e ispirazioni europee, per giungere allo “storico” voto di approvazione del 25 novembre 1999 al Senato. (….)

Tutela delle minoranze o tutela della maggioranza dalla tutela delle minoranze?

Si tratta di un provvedimento che è arrivato tardi (forse troppo, per la situazione ormai compromessa di almeno alcune delle comunità linguistiche minorizzate) eppure, forse anche per questo, la Legge 482/1999 ha rappresentato un punto di arrivo, il risultato di istanze, lotte e mobilitazioni volte al riconoscimento della diversità linguistica in Italia e alla garanzia del diritto alla lingua per almeno tre milioni di cittadini italiani. (…)

Un punto d’arrivo e una nuova partenza (troppo spesso verso altri stop)

Nei primi anni “di vita” della legge, c’è stato un certo dinamismo, nelle istituzioni e nella società civile, i cui effetti benefici più rilevanti sono stati la riduzione dell’impatto di alcuni inveterati pregiudizi e l’aumento della visibilità del pluralismo linguistico sul territorio, per esempio attraverso la segnaletica e la toponomastica bilingue. Col passare del tempo, però, quella tendenza è venuta meno e così siamo ancora lontani dalla prevista presenza effettiva delle lingue “altre” nelle scuole, nel servizio pubblico radiotelevisivo, nelle istituzioni e nella società. (…)

È ancora all’anno zero l’attuazione della Legge 482/1999 nel servizio pubblico radiotelevisivo, nonostante la particolare chiarezza delle norme al riguardo e – si potrebbe aggiungere – nonostante il fatto che il canone Rai lo paghino anche i cittadini appartenenti alle “minoranze linguistiche storiche”. Dal 2001 (anno al quale risale il Regolamento di attuazione della Legge, approvato con il DPR 345/2001) ad oggi, nonostante le previsioni dell’articolo 12 della Legge e dell’articolo 11 del Regolamento, in nessuna convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la Rai né in nessun conseguente contratto di servizio, si è riusciti ancora ad individuare le sedi della società concessionaria competenti per ciascuna minoranza linguistica e il “contenuto minimo della tutela” per ciascuna lingua. (….)

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Friuli e friulano tra “negazionisti”, “minimalisti” e “positivisti”. O tornìn a riproponi il saç del dr. Marco Stolfo

fotografia del Comitato

Friuli e friulano tra “negazionisti”, “minimalisti” e “positivisti”. Diversi approcci e orientamenti nei confronti di lingua e territorio durante il Novecento

Viodût che al è ancjemò cualchidun che al continue a dineâ i dirits linguistics dai furlans, o tornìn a riproponi un saç del dr. Marco Stolfo.

Ma no ise ore, ancje za passade, che i laureâts in materiis umanistichis a dimostrin di cognossi ancje la ricercje linguistiche dal secul stât viodût che nuie a san dai rapuarts tra varietâts e lenghe standard (= comune) e di didatiche plurilinguistiche e fintremai a ignorin ducj i contribûts dal plui grant linguist talian, il prof. Tullio De Mauro che al à scrit centenârs di contribûts ( libris, articui su rivistis e gjornâi e v.i.) su chescj argoments?

Tropis voltis vino di tornâ a spiegâ, cun argoments, parcè che cetantis afermazions dai negazioniscj a son faladis?

Par solit i câs a son doi: o ignorance o tristerie.

Se è je ignorance forsit si rive a fâ capî ce che al è just. Se e je tristerie, “antifurlanisim declarât” o di “riduzion a dialet de lenghe, disint che no si è contraris al furlan ma che al va ben doprâlu dome pal folclôr e par cualchi espression di efiet”, alore no val la pene insisti: miôr lavorâ par robis positivis e fâ cressi la nestre lenghe.

BUINE LETURE!

  (PDF) Friuli e friulano tra “negazionisti”, “minimalisti” e “positivisti”. Diversi approcci e orientamenti nei confronti di lingua e territorio durante il Novecento | MARCO STOLFO – Academia.edu

LENGHE FURLANE IN RAI: vonde contentâsi di fruçons!!

Fra 50 giorni circa scade il rinnovo della convenzione sottoscritta da Governo e RAI per le trasmissioni in friulano

(…) Confidando di aver fornito tutte le informazioni utili a comprendere l’importanza del convegno di sabato prossimo, 13 marzo 2021, cui si potrà accedere in diretta attraverso i link
https://www.facebook.com/aclifit/ e https://www.youtube.com/channel/UCixEGfu-cjORCkWfOj7LPnw
e attraverso i siti www.aclif.itwww.arlef.it o www.filologjichefurlane.it

(tratto dal sito di  FRIULISERA.IT)

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https://www.lavitacattolica.it/Marilenghe/Quale-futuro-per-il-friulano-nei-programmi-Rai?fbclid=IwAR2nfvwvAzhig4Dp8YKMTKosG92-NDE2IH44nAgLZs75E6seOmrEmnpuI9Y

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FRIULANO IN RAI, ECCO LE CONDIZIONI MINIME PER FARE FINALMENTE UN PASSO AVANTI

di MARCO STOLFO
9 giugno 2020

È passato circa un mese e mezzo da quanto, dopo un periodo di sostanziale silenzio, si è nuovamente parlato di Rai e friulano e soprattutto di presenza e utilizzo della lingua friulana nella programmazione radio e tv della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. L’occasione che aveva riportato in auge quella questione (almeno) ventennale, che riguarda nel contempo i diritti dei cittadini e la qualità e l’efficacia di un servizio fondamentale, era stata offerta dallo svolgimento di due incontri in videoconferenza, rispettivamente il 24 e il 27 aprile.

Al primo avevano preso parte due esponenti del M5S (il deputato Luca Sut e il consigliere regionale Mauro Capozzella), il presidente dell’Assemblea della Comunità Linguistica Friulana e sindaco di Valvasone-Arzene, Markus Maurmair, e il direttore delle Relazioni istituzionali Rai, Stefano Luppi. Al secondo, convocato dal Corecom del Friuli-VG, erano intervenuti, tra gli altri, il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, l’assessore regionale per le lingue minoritarie, Pierpaolo Roberti, il direttore generale di Rai Corporate, Alberto Matassino, e il direttore delle sede regionale, Guido Corso.

Entrambi gli appuntamenti erano legati all’imminenza della scadenza della più recente convenzione tra il Dipartimento Informazione Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Rai riguardante la sede regionale per il Friuli-VG della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e quindi alla definizione dei contenuti di quella che la sostituirà, che dovrebbe essere perfezionata prima dell’estate per avere attuazione a partire dal prossimo ottobre.

Per quanto riguarda il friulano, sono trapelate notizie frammentarie. Dovrebbe esserci la formalizzazione, finalmente, di un minimo di continuità dell’offerta televisiva in lingua friulana e dovrebbe esserne incrementata anche la presenza alla radio, al momento limitata a una novantina di ore di trasmissione all’anno. Il condizionale è d’obbligo, poiché non sono stati resi disponibili dati certi circa le ore di trasmissione radio e tv e le risorse finanziarie destinate a tal fine, a parte la dichiarata “certezza” che saranno di più dei 200mila euro annui previsti nella convenzione precedente, il cui budget complessivo annuale è di circa 12 milioni di euro. Le uniche informazioni “sicure” al momento riguardano la dichiarata volontà di valorizzare la produzione “interna” alla sede regionale e la previsione di una commissione Governo-Regione-Rai, chiamata a approfondire e valutare concretamente i contenuti della convenzione stessa.

Qualcosa (forse…) si muove, tuttavia sono sembrati francamente fuori luogo i commenti trionfalistici di qualche esponente politico nostrano. La medesima valutazione vale anche per le altre reazioni che hanno accompagnato la diffusione di quelle scarne informazioni: sia per la pur comprensibile speranza “rassegnata” espressa da alcuni (per la serie: «alc al è alc, nuie al è nuie») sia per l’altrettanto comprensibile disincanto manifestato da altri (come dire: «se ne parla da vent’anni, la normativa di tutela non è stata ancora attuata e anche questa volta c’è il rischio che siano solo chiacchiere»).  (…) – LEI DUT L’ARTICUL

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Vonde contentâsi di fruçons!!

NO ESISTIN MINORANCIS DI SERIE “A”
E MINORANCIS DI SERIE “B”!

L. 482/99  –  Art. 12.

  1. Nella convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e nel conseguente contratto di servizio sono assicurate condizioni per la tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza.

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