LA “FALSA” TUTELA DELLA MINORANZA LINGUISTICA FRIULANA

COLONIALISMO LINGUISTICO

Con la sola “RETORICA” POLITICA dell’importanza del plurilinguismo accompagnata dalla assenza reale di tutela linguistica, una lingua – qualsiasi lingua – si spegne e muore assieme alla millenaria identità culturale e storica  che l’ha prodotta, che poi è ciò che in realtà vuole da sempre il nazionalismo italiano di cui sono impregnati i partiti politici italiani che governano la nostra regione che al 95% è Friuli  anche se chi comanda è il restante 5% (Trieste), città non friulana che il nazionalismo italiano ha “imposto” come capoluogo di una regione non sua per darle un ruolo che non le spettava, ruolo che i friulani non volevano concederle e che lo stesso On.le Tiziano Tessitori  non voleva unita sul piano amministrativo al territorio friulano (prevedeva uno Status amministrativo a parte per Trieste).   

QUESTI i meccanismi del “colonialismo linguistico” pesantemente attuati anche contro i Friulani, il Friuli, la sua lingua, la sua cultura e la sua millenaria storia mai studiata a scuola:

  1. la lingua friulana, dopo essere  stata a lungo, dopo l’Unità d’Italia,  proibita nell’uso pubblico, incluso nei riti liturgici in chiesa,  non è mai entrata veramente nelle scuole dei Comuni friulanofoni (anche se la L. 482/99 e la legge r. 29/2007 lo impongono) e agli insegnanti  è stato assegnato dal nazionalismo italiano il compito di “inferiorizzare” i friulanofoni attraverso il disprezzo della loro lingua che “non doveva essere trasmessa alle generazioni più giovani” perchè “di intralcio all’apprendimento della lingua italiana” (teoria quest’ultima dmostratasi scientificamente falsa) e perchè considerata dagli insegnanti “una lingua priva di valore” (????); tutto ciò con il chiaro scopo di farla morire; per fortuna, tra gli insegnanti, abbiamo anche avuto e abbiamo ancora, lodevoli eccezioni e chi ha ancora una chiara consapevolezza dei diritti linguistici dei friulani….
  2. Il Consiglio regionale e la Giunta della regione Friuli-Venezia Giulia, in tempi recenti, risulta non abbiano MAI sorvegliato l’operato della società a capitali pubblici “Friuli – Venezia Giulia Strade” e abbiano permesso a questa società la cancellazione del diritto al bilinguismo visivo (italiano-friulano) nei cartelli stradali previsto sia dalla L. 482/99 che dalla L.r. 29/2007, oltre ad essere una delle poche conquiste reali dei friulanofoni che evidentemente dava molto fastidio al nazionalismo italiano friulanofobico,  principalmente triestino.
  3. La RAI non ha MAI rispettato – se non in maniera più che minimale – le norme previste dalla L. 482/99 a favore delle minoranze linguistiche pur essendo norme chiarissime nella loro scrittura legislativa (è uno degli articoli meglio scritti e più chiari della L. 482/99), fatte salve le minoranze protette anche da trattati internazionali firmati prima del 1999. E invece di “battere i pugni”, la regione e la politica regionale hanno recentemente perfino RINGRAZIATO la RAI per la MISERIA di numero d’ore di trasmissione in lingua friulana prevista dall’ultimo recentissimo accordo.
  4. La recentissima (elezioni del 2018) creazione del “COLLEGIO ELETTORALE EXTRA-LARGE TRIESTINO”  trasforma i friulani in “donatori di sangue” a favore dei candidati triestini.  Nelle ultime elezioni nazionali del 2018 abbiamo avuto, grazie a questo collegio elettorale che viola i diritti della minoranza linguistica friulana,  un eletto triestino ogni 30.000 abitanti, in Friuli uno ogni 82.000!  
  5. E molto altro ancora.

Ripubblichiamo un saggio (già da noi pubblicato nel 2012) a firma del noto linguistica e studioso friulano Alessandro Carrozzo che ben illustra i meccanismi del “COLONIALISMO LINGUISTICO”  e il dramma che la Comunità friulana vive da troppi decenni grazie anche ai COLLABORAZIONISTI FRIULANI di cui non serve fare i nomi essendo questi già molto noti ai friulanofoni, anche se un nome lo vogliamo fare ugualmente essendo anche stato Presidente della nostra Regione: RENZO TONDO, che si è perfino permesso di affermare pubblicamente che la tutela della lingua friulana “è una cazzata”! Lo ringraziamo ancora, sentitamente! 

BUONA LETTURA!

La colonia – Dinamiche di aggressione linguistica sulla comunità friulana

http://comitat-friul.blogspot.com/2012/10/la-colonia-dinamiche-di-aggressione.html

“(…) Se il Friuli viene trattato dal sistema dominante che vige in Italia alla stregua di una colonia linguistica, c’è una grande probabilità che venga considerato un territorio di sfruttamento coloniale anche negli altri aspetti. (…)”

 

FRIULANO IN RAI: a che punto siamo? – Articolo di Marco Stolfo.

IL “FRIULANO IN RAI”?

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Sono diversi gli ambiti nei quali la minoranza linguistica friulana, nonostante l’esistenza di apposite norme statali e regionali, è ancora “in cerca di tutela”. Tra questi figura il settore dei media ed in particolare la questione della (mancata) garanzia della presenza di trasmissioni informative e di intrattenimento in lingua friulana nella programmazione regionale del servizio pubblico radiotelevisivo.

Poiché è in via di definizione una nuova convenzione tra il Dipartimento Informazione Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Rai, riguardante la sede regionale per il Friuli-VG della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e le sue attività, abbiamo chiesto a Marco Stolfo, giornalista ed esperto di politiche linguistiche e tutela delle minoranze, che ringraziamo moltissimo per la sua competenza e disponibilità, di scrivere un articolo per fare il punto della situazione, tenendo conto delle notizie al riguardo che sono circolate nelle ultime settimane.

Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli

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Friulano in Rai, ecco le condizioni minime per fare finalmente un passo avanti

di MARCO STOLFO
9 giugno 2020

È passato circa un mese e mezzo da quanto, dopo un periodo di sostanziale silenzio, si è nuovamente parlato di Rai e friulano e soprattutto di presenza e utilizzo della lingua friulana nella programmazione radio e tv della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. L’occasione che aveva riportato in auge quella questione (almeno) ventennale, che riguarda nel contempo i diritti dei cittadini e la qualità e l’efficacia di un servizio fondamentale, era stata offerta dallo svolgimento di due incontri in videoconferenza, rispettivamente il 24 e il 27 aprile.

Al primo avevano preso parte due esponenti del M5S (il deputato Luca Sut e il consigliere regionale Mauro Capozzella), il presidente dell’Assemblea della Comunità Linguistica Friulana e sindaco di Valvasone-Arzene, Markus Maurmair, e il direttore delle Relazioni istituzionali Rai, Stefano Luppi. Al secondo, convocato dal Corecom del Friuli-VG, erano intervenuti, tra gli altri, il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, l’assessore regionale per le lingue minoritarie, Pierpaolo Roberti, il direttore generale di Rai Corporate, Alberto Matassino, e il direttore delle sede regionale, Guido Corso.

Entrambi gli appuntamenti erano legati all’imminenza della scadenza della più recente convenzione tra il Dipartimento Informazione Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Rai riguardante la sede regionale per il Friuli-VG della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e quindi alla definizione dei contenuti di quella che la sostituirà, che dovrebbe essere perfezionata prima dell’estate per avere attuazione a partire dal prossimo ottobre.

Per quanto riguarda il friulano, sono trapelate notizie frammentarie. Dovrebbe esserci la formalizzazione, finalmente, di un minimo di continuità dell’offerta televisiva in lingua friulana e dovrebbe esserne incrementata anche la presenza alla radio, al momento limitata a una novantina di ore di trasmissione all’anno. Il condizionale è d’obbligo, poiché non sono stati resi disponibili dati certi circa le ore di trasmissione radio e tv e le risorse finanziarie destinate a tal fine, a parte la dichiarata “certezza” che saranno di più dei 200mila euro annui previsti nella convenzione precedente, il cui budget complessivo annuale è di circa 12 milioni di euro. Le uniche informazioni “sicure” al momento riguardano la dichiarata volontà di valorizzare la produzione “interna” alla sede regionale e la previsione di una commissione Governo-Regione-Rai, chiamata a approfondire e valutare concretamente i contenuti della convenzione stessa.

Qualcosa (forse…) si muove, tuttavia sono sembrati francamente fuori luogo i commenti trionfalistici di qualche esponente politico nostrano. La medesima valutazione vale anche per le altre reazioni che hanno accompagnato la diffusione di quelle scarne informazioni: sia per la pur comprensibile speranza “rassegnata” espressa da alcuni (per la serie: «alc al è alc, nuie al è nuie») sia per l’altrettanto comprensibile disincanto manifestato da altri (come dire: «se ne parla da vent’anni, la normativa di tutela non è stata ancora attuata e anche questa volta c’è il rischio che siano solo chiacchiere»).

Come abbiamo già scritto qualche settimana fa, pare opportuno avere un altro atteggiamento. In estrema sintesi: né esaltazione, né depressione. Piuttosto, considerato che proprio nelle prossime settimane la convenzione sarà perfezionata, è il caso che chi ne ha competenza intervenga affinché ci siano almeno alcune garanzie “di sostanza”.

Con la consapevolezza che, pur nella migliore delle ipotesi, saremo ancora lontani dall’effettiva attuazione della legge statale di tutela delle minoranze linguistiche in questo ambito (la L. 482/1999), e riconoscendo l’efficacia dell’azione dell’Assemblea della Comunità linguistica friulana, che coerentemente con le sue finalità istituzionali si è mossa per affrontare questo tema, ci permettiamo di suggerire alcune richieste da formulare, che sono nel contempo minimali e imprescindibili, il cui accoglimento all’interno della nuova convenzione permetterà di considerarla effettivamente “un buon inizio”.

In primo luogo è necessario che si preveda la creazione di una struttura formalmente dedicata alla radio e alla tv in lingua friulana. Ad oggi quel poco di friulano presente in Rai dipende dalla struttura di programmazione in lingua italiana: tra forma e sostanza, è un po’ come se una macelleria fosse responsabile del cibo per vegetariani e vegani.

È una questione sia simbolica che concreta e operativa. Questa richiesta, inoltre, acquisisce ulteriore valore se si tiene conto della “promessa” riguardante la valorizzazione della produzione “interna” alla sede Rai per il Friuli-VG.

Un altro aspetto riguarda le competenze del personale coinvolto. Si tratta di competenze linguistiche (l’uso della lingua friulana), professionali (in generale: comunicazione e informazione) e professionali nella lingua (comunicazione e informazione in lingua friulana). Pare opportuno, per più ragioni, che vanno dalla garanzia di un alto livello qualitativo del servizio all’effettiva creazione di opportunità e prospettive occupazionali, che siano previste efficaci modalità di selezione del personale con il riconoscimento e la valorizzazione di queste professionalità, soprattutto se – come è giusto ed auspicabile – la nuova offerta radiotelevisiva comprenderà anche spazi informativi.

Una previsione di questo genere, ovviamente, richiede che siano disponibili risorse finanziarie adeguate.

Si tratta di un investimento che non riguarda soltanto pluralismo linguistico e culturale, diritti fondamentali e qualità del servizio, ma ha una valenza strategica, se è possibile ancor più ampia e rilevante. Ciò vale in particolare per l‘avvio – se ci sarà – di una “vera” programmazione tv in lingua friulana, la quale può contribuire a rafforzare e valorizzare Raitre Bis, che grazie al digitale terrestre ormai da tempo copre l’intera regione sul canale 103.

In questo modo, quello spazio, originariamente creato per le sole ore di programmazione in sloveno e negli ultimi anni utilizzato anche per i programmi regionali in italiano e in qualche caso per proporre qualche audiovisivo in friulano, potrebbe essere potenziato ed offrire, con continuità e varietà, un effettivo palinsesto multilingue, regionale e transfrontaliero, eventualmente sviluppato anche in collaborazione con le tv pubbliche di Austria e Slovenia.

 Marco Stolfo

25 novembre 2019 – 20 anni dalla approvazione della L. 482/99, una legge ancora da applicare.

 

Sono passati 20 anni dall’approvazione della L. 482/99. e ancora stiamo aspettando che venga adeguatamente finanziata e attuata!!!

Un amaro anniversario, perché, come scrive il “dottore di ricerca in storia del federalismo e dell’unità europea ed esperto di politiche linguistiche e tutela delle minoranze”,  il friulano dott. Marco Stolfo: “Dall’altra ci sono il rammarico per come gran parte di quelle norme siano tutt’oggi lettera morta e la preoccupazione per come continuino ad esserlo”.

Come ha sottolineato l’on. Avv. Felice Carlo Besostri, che ne fu il relatore al Senato, intervenendo  in diretta su “Radio Onde Furlane” (all’inizio della registrazione c’è l’intervista di Marco Stolfo e Paolo Cantarutti  all’on. Besostri), il ventesimo compleanno della legge 482/1999 può essere celebrato solo ricordandone i contenuti e soprattutto mobilitandosi per rivendicarne la piena attuazione, a beneficio di tutti.

Ringraziamo il dott.  Marco Stolfo per averci concesso la pubblicazione del suo ottimo articolo (pubblicato sul quotidiano Il Messaggero Veneto giovedì 12 dicembre 2019 a pag. 43) che non possiamo che condividere  in ogni sua parte e offrire alla lettura e riflessione di chi segue il nostro Blog.

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L. 482/99 – MINORANZE LINGUISTICHE, UNA IMPORTANTE LEGGE ANCORA  DA APPLICARE

In questi giorni si celebra il ventesimo anniversario dell’approvazione e poi dell’entrata in vigore della Legge 482/1999, “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”. Il primo provvedimento organico che a livello statale ha dato formale applicazione al principio fondamentale, secondo cui “La Repubblica tutela le minoranze linguistiche con apposite norme”, sancito dall’articolo 6 della Costituzione italiana, venne infatti licenziato dal Senato il 25 novembre 1999 e la sua promulgazione risale al successivo 15 dicembre.

La ricorrenza è nel contempo occasione di festa e di riflessione. Da un parte c’è il ricordo della soddisfazione di quei giorni per il conseguimento di un risultato che per almeno tre milioni di cittadini italiani – tra cui i friulani, gli sloveni e i germanici della nostra regione – significava un riconoscimento formale di identità, di diritti e di uguaglianza “nella diversità” e per l’intero Paese rappresentava un avanzamento sulla via della democrazia, coerentemente con la Costituzione e con principi e standard europei. Dall’altra ci sono il rammarico per come gran parte di quelle norme siano tutt’oggi lettera morta e la preoccupazione per come continuino ad esserlo.

La Legge 482/1999 è importante e rappresenta uno spartiacque, tra un “prima” e un “dopo”. Prima di allora in Italia la tutela era “extracostituzionale” – per usare la definizione che ne diede un autorevole costituzionalista come Alessandro Pizzorusso – in quanto riguardava solo alcune lingue e comunità ed era sostanzialmente legata ad accordi e trattati internazionali e a ragioni di “buon vicinato”. C’erano poi le “lingue tagliate” – per riprendere il titolo di un celebre libro sull’argomento, pubblicato da Sergio Salvi negli anni Settanta – e le mobilitazioni, a tutti livelli, finalizzate alla cura di quelle ferite e alla creazione delle condizioni formali adeguate per l’avvio di politiche attive di rispetto e di inclusione, in alternativa ad una consolidata prassi di discriminazione e assimilazione. Non è un caso che molte di quelle iniziative siano partite dal Friuli friulano e sloveno. Basti pensare a quella, pionieristica, intrapresa in Parlamento nel 1973 da Mario Lizzero. Successivamente ci furono diverse proposte di legge, a partire da quelle presentate dai radicali Pannella e Bonino nel 1976, dai comunisti Baracetti e Colomba nel 1978, dal socialdemocratico Martino Scovacricchi nello stesso anno, da Aurelia Gruber Benco nel 1980 e da Roberto Cicciomessere nel 1984 oppure al testo, promosso tra gli altri da Silvana Schiavi Fachin, che nel 1991 fu approvato dalla Camera, ma si arenò al Senato a causa – si disse – della ferma contrarietà del suo presidente, Giovanni Spadolini

Dopo, soprattutto nei primi anni “di vita” della legge, c’è stato un certo dinamismo, nelle istituzioni e nella società civile, che ha avuto effetti benefici quanto meno con la riduzione dell’impatto di alcuni pregiudizi e con l’aumento della visibilità del pluralismo linguistico. Col passare del tempo, però, quella tendenza è venuta meno e così siamo ancora lontani dalla prevista presenza effettiva delle lingue “altre” nelle scuole, nel servizio pubblico radiotelevisivo, nelle istituzioni e nella società ed anzi siamo, per molti versi, in una fase di regressione, caratterizzata dal riemergere di vecchie tendenze scioviniste e dall’affermarsi di nuove paure della diversità.

Come ha sottolineato Felice Carlo Besostri, che ne fu il relatore al Senato, intervenendo giorni fa in diretta su Onde Furlane, il ventesimo compleanno della legge 482/1999 può essere celebrato solo ricordandone i contenuti e soprattutto mobilitandosi per rivendicarne la piena attuazione, a beneficio di tutti.

Marco Stolfo