CORONA VIRUS – FRIULI: QUELLO CHE VORREMMO SAPERE, QUELLO CHE VORREMMO FARE.

Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl

Udine, 27 novembre 2020

cOMUNICATO sTAMPA

Friuli: quello che vorremmo sapere, quello che vorremmo fare.

Noi friulani vorremmo sapere come e quando.

Non ci interessa il “chi” si è contagiato, ovviamente, ma vorremmo tanto sapere dove e come si sono contagiati, e come continuiamo a contagiarci. Sarebbe importante saperlo per capire ed evitare comportamenti a rischio. Quelli veramente a rischio perchè avere oltre 100 RSA con contagiati a 10 mesi dalla comparsa del virus è terrificante.

Perchè questi dati sul come e quando non ci vengono dati? I contagiati non si sono lavati le mani, il medico non si era messo la mascherina, il malato sputacchiava nel bus? Ah, saperlo!

E vorremmo sapere anche perchè i telefoni suonano a vuoto in troppi uffici della sanità, ricordando che in Germania, ad esempio, hanno assunto per tempo disoccupati presi dalle liste e messi a rispondere ai cittadini. Certo, copiare è difficile, eppure il tracciamento è uno dei capisaldi della lotta al contagio e più che di divieti avremmo bisogni di informazioni e formazione.

E vorremmo poter fare cose banali ma vietate. E’ vietato spostarsi da un comune all’altro, se non per motivi gravi e il non poter andare a curare le seconde case, il vecchio fabbricato dei nonni in Carnia o il campo fatto seminare a frumento o controllare il camper parcheggiato nel deposito, o per fare una camminata in montagna è incomprensibile.

Incomprensibile perchè poi il divieto sembra “elastico”, senza controlli tra la città e il grande centro commerciale posto nel comune limitrofo, rigoroso tra piccoli comuni del “contado”. Situazioni diverse con regole uguali in spregio ai fondamenti dell’autonomia!

Vorremmo sapere, gentilissimo assessore Riccardi, come e quando ci si contagia secondo le statistiche che dovete aver elaborato, e vorremmo potere, spettabile presidente Fedriga, andare anche fuori comune, per attività che non prevedano incontri a meno di 5 metri. E crediamo che 5 metri possano accontentare tutti e 40 i consulenti scientifici a sua disposizione!

il presidente
dott. Paolo Fontanelli

IL RILANCIO DELL’ECONOMIA REGIONALE NON PUO’ CONSIDERARE IL FRIULI “TERRITORIO CON SERVITU’ DI PASSAGGIO” – COMUNICATO STAMPA

Comunicato
31.10.2020

“Logistica e ricerca”

Dice il presidente della Giunta regionale Fedriga che il rilancio dell’economia regionale dopo la crisi determinata dal Covid-19 richiederà l’uso dei fondi europei (dovrebbero essere circa 4 miliardi per la nostra Regione, se Roma rispetterà le proporzioni di popolazione e territorio) per investimenti nella logistica e nella ricerca.

Una visione interessante ma, come diceva Andreotti, “a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina”, poiché par di capire che la “logistica” stia a indicare l’alta velocità Venezia-Trieste compresi 25 km di gallerie nel Carso, ma nessuna fermata nella Bassa, qualche binario in più e forse la Gemona-Sequals. Il Friuli usato per fare ferrovie, strade e ponti in funzione dell’economia altrui. Servitù di passaggio, come un tempo servitù militari!

Per la “ricerca” ci sarà qualcosa di diverso dal saccheggio sistematico di quanto si fa in Friuli, visti i precedenti della Fiera dell’innovazione di Udine, del mancato polo della biochimica, della montagna, ecc. ecc.?

Non una parola, da parte di Fedriga, di sostegno al settore primario, in particolare di quello friulano ed alla difesa della sua identità (di questi giorni il progetto di togliere l’autonomia del Consorzio agrario friulano da parte di Roma) non una parola di apprezzamento per il ruolo e per le necessità del sistema manifatturiero, non un cenno sulle diverse proposte di economisti e studiosi friulani in merito.

Gentilissimo presidente Fedriga: servono idee condivise che riguardino tutto il sistema-regione e soprattutto quell’area che ne rappresenta un buon 80% che è il Friuli, non solo quelle di d’Agostino o dei cultori degli sgravi fiscali per il porto giuliano!

31 ottobre 2020

il presidente
dott. Paolo Fontanelli

CORONA VIRUS E “MODELLO FRIULI”: “con questi al Governo saremmo ancora nelle baracche…” – Comunicato stampa del 14.5.2020

Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl

Comunicato stampa

14 maggio 2020

Con questi al governo
saremmo ancora nelle baracche”

Una battuta o una valutazione seria? Certo è che il Governo nazionale, frutto di accordi politici di sei mesi fa, come dire la preistoria visto quello che è successo, non riesce a decidere e non ha autorevolezza verso le Regioni mentre il Governo regionale sembra subalterno alle scelte venete e lombarde e non basta certo un’unità di facciata dell’ultimo momento su temi ovvi come la richiesta di risorse a Roma. D’altra parte anche l’idea di un traghetto da trasformare in ospedale sembra subalterna alle scelte di altri e solo una reazione forte da parte di cittadini ed esperti ha fatto accantonare l’idea.

In attesa che la Regione dia una risposta credibile e seria alla richiesta nazionale di avere in Regione un ospedale “no-covid” è bello leggere che in molti paesi del Friuli si è gestita la crisi con precisione ed efficienza, con zero contagi così come in quasi tutte le RSA del Friuli.

Come pure è importante che alla casa di riposo la Quiete (Udine) nonostante i 450 ospiti, più il personale, non risulti esserci stata nemmeno una persona positiva al tampone; e la terapia all’ozono trovata all’ospedale civile di Udine è richiesta anche da molti ospedali in Italia.

Bravi! Ma nulla succede per caso e l’idea che in Friuli esista questa capacità di resilienza avrebbe dovuto indurre qualcuno a Trieste a scegliere le via dell’unità delle forze politiche, della responsabilità e dell’umiltà di saper ascoltare il territorio, i sindaci, i medici di base, in una parola a tentare di copiare il “modello Friuli” e non quello della subalternità al lombardo-veneto e dello slogan di parte.

Servirebbe soprattutto ora un progetto per il domani. Come ai tempi del terremoto i friulani ed i loro rappresentanti politici seppero proporre idee e progetti per uscire dalla tragedia e basterebbe pensare alla richiesta di una università e allo sforzo per il rilancio delle industrie così ora dovremmo guardare avanti con idee nuove, dalla gestione dell’acqua e dell’idroelettrico, dal sostegno alla ricerca a una analisi seria dei costi e di progetti concreti.

La società friulana non è abituata a pietire 600 €, ha bisogno di progetti, di lavoro e della sua etica, non di elemosine.

Se avessimo pietito elemosine nel ’76 saremmo ancora nelle baracche...

il presidente
dott. Paolo Fontanelli

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Grazie al “modello Friuli”, in Friuli si è evitato il “disastro Trieste”:

“Trieste registra circa il 60% degli operatori sanitari colpiti in regione, il doppio dei casi positivi tra gli ospiti nelle case di riposo rispetto alla provincia di Udine, e più del 50% dei decessi che sono avvenuti in Friuli Venezia Giulia – conclude Ussai -. Dati che non vanno trascurati e su cui bisogna fare un rigoroso accertamento delle cause per affrontare la Fase 2”.   (tratto da un articolo del quotidiano FriuliSera.it)

    

Corona virus e lock down – le regole siano differenziate nella regione Friuli – V.G. !

Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl

Comunicato stampa

Il Friuli e il Friuli-Venezia Giulia

Guardando le cartine relative ai contagi che ogni giorno pubblicano i giornali nazionali si vede che il Friuli-Venezia Giulia viene classificato come una regione a medio contagio e che vi è l’ipotesi che si verifichino zero contagi a partire dal 19 maggio.

Bene, ma leggendo bene l’infografica relativa al contagio nelle diverse provincie del Friuli-Venezia Giulia

https://www.corriere.it/salute/20_febbraio_25/coronavirus-mappa-contagio-italia-6ed25c54-57e3-11ea-a2d7-f1bec9902bd3.shtml

si vede che in Regione vi è una situazione molto differenziata con circa 1.108 casi a Trieste su 200.000 abitanti cioè 1 ogni 180 abitanti.

Nel resto della Regione, ovvero in Friuli, troviamo ad oggi 1.898 contagiati su una popolazione di un milione, pari a 1 ogni 526.

Ovvero in Friuli i contagiati sono un terzo rispetto a Trieste.

Stabilito che le curve di contagio sono diverse ma non tranquilizzanti e che vanno mantenute rigorose precauzioni in tutta la Regione, sembra evidente che non serve mantenere una chiusura assoluta in Friuli che ha bisogno di potersi veder riconosciuta la propria capacità di rispetto delle regole, in modo non formale, come della necessità di far ripartire quella parte di economia che è in grado di farlo.

Per questo, come Comitato, chiediamo che le regole di lock down siano diversificate tra Friuli e Trieste, tra città e piccoli paesi, con la necessaria autonomia organizzativa per i piccoli comuni, con il prudente riconoscimento del ruolo che i pensionati ultrasettantenni in buona salute svolgono nel volontariato, associazionismo e in generale nel funzionamento della società friulana, con la necessità di poter effettuare le necessarie manutenzioni nelle cosiddette “seconde case” e negli orti, che non sono le ville in Costa Smeralda ma quello che i nostri nonni ci hanno lasciato nei piccoli paesi di origine, dal mare in su.

Il presidente
dott. Paolo Fontanelli

Udine, 21 aprile 2020

CORONA VIRUS: IL FRIULI NON E’ MILANO!!

Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl

Comunicato stampa

Dov’è l’autonomia?

L’autonomia regionale serve per adeguare le norme nazionali alla nostra Regione ed al Friuli in particolare e crediamo che in questi giorni di pandemia mondiale, di giuste restrizioni alle libertà individuali, vi siano alcuni aspetti nell’applicazione delle restrizioni che debbano essere rivisti.

A Clavais, come a Pielungo o a S.Pietro al Natisone controlli ferrei fanno rispettare il divieto di passeggiata. A chi sostiene che la legge deve essere uguale per tutti ricordiamo che l’autonomia amministrativa degli enti locali, Regione in primis e Comuni poi, serve ad adeguare le norme alle situazioni dei vari territori e sarebbe logico che i sindaci possano riappropriarsi della propria responsabilità nel campo della salute, stabilita dalla legge, e possano adeguare i divieti alle singole realtà.

Sia il sindaco di Ovaro, piuttosto che quello di Vito d’Asio a stabilire che il singolo cittadino possa muoversi nell’ambito del comune, a non meno di 10 metri da altri visto che lì è facile stare lontani .

Capiamo l’invidia di chi vive in appartamento in città ma, per una volta, la politica e il buon senso riconoscano la possibilità di un vantaggio nelle nostre montagne.

Togliere la possibilità di una passeggiata nel bosco, poter tagliare l’erba nel proprio prato staccato dalla casa, gestire l’orto a 500 metri comporta movimento fisico senza rischiare il contagio mentre divieti incomprensibili possono essere dannosi perchè minano la credibilità della politica e violano il principio di responsabilità nell’autonomia, senza vantaggi per la popolazione.

Per questo, come Comitato, chiediamo al presidente Fedriga un atto di autonomia e un decreto chiaro, semplice, inequivocabile, che permetta ai sindaci friulani dei piccoli paesi di poter adeguare il rispetto delle regole ai bisogni.

Sempre rispettando le distanze e usando guanti e mascherine, beninteso!

Il Presidente
dr. Paolo Fontanelli
6 aprile 2020