Il “fiume di denaro”
e la cecità di una classe dirigente
di
Associazione per la Terza Ricostruzione
(on. Giorgio Santuz, presidente onorario; prof. Sandro Fabbro, presidente)
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Politica regionale e rappresentanti istituzionali si stanno scaldando sulle rive del “fiume di denaro” attivato dal PNRR. L’occasione è certo storica ma se non si guarda anche l’altra faccia della medaglia si va allegramente, come i ciechi di Bruegel, verso il fallimento. Due terzi delle risorse sono a debito (che qualcuno, noi o i nostri figli, dovrà restituire) e gli investimenti da farsi prevedono, ai sensi delle norme europee, finalità precise e controlli severi. In altri termini, non va gettato neppure un euro! Altrimenti il “fiume” si secca perché l’Unione Europea chiude i rubinetti e ritira i finanziamenti. Tra autorità locali e regionali non sembra però essere questa la preoccupazione principale. Avevamo auspicato una grande assunzione di responsabilità da parte della Regione (“Fedriga invochi, dallo Stato, risorse e autonomia programmatica e si assuma responsabilità precise”). Ma i dati finanziari presentati, sul MV del 17/02, dall’Assessore alle Finanze Barbara Zilli, sono l’esito di un riparto (fatto dal Governo) molto sperequato, che non incrocia le esigenze dei territori, non antepone alla spesa alcun obiettivo programmatico serio e di lungo periodo e che, in ultima analisi, umilia la regione nel suo complesso. L’ammontare del riparto assegnato al FVG è di 1,5 miliardi di euro. Sono tanti? Sono pochi? Forse sono tanti rispetto alla capacità di spenderli (bene) entro il 2026. Sono sicuramente pochi rispetto a quanto ci spetterebbe percentualmente (4 miliardi circa) in base alla popolazione. Sono pochissimi rispetto ai quasi 10 miliardi che aveva chiesto la Giunta regionale con una delibera del 1 aprile 2021. Come mai è andata così? A chi stiamo regalando gli altri miliardi? Non si sa. Sappiamo però dove andranno i quasi 1,5 miliardi assegnati al FVG: 517 alla Regione; 280 ai Comuni; 700 ad “Altri enti”. Di questi ultimi, 450 circa, andranno al porto di Trieste. Dei 280 milioni destinati ai Comuni, tolti altri 100 milioni che andranno ancora a Trieste, gli altri 180 andranno a tutti gli altri Comuni della regione (il rimanente 80% della popolazione regionale). La quota della Regione, tolta ancora una fetta per Trieste, è destinata alla riqualificazione di scuole, ospedali e case popolari (sacrosanta!), all’irrigazione delle campagne e alla difesa dai rischi (ci mancherebbe), a realizzare piste ciclabili (benedette) e poi a turismo, manutenzione di strade, ristrutturazione di tratte ferroviarie esistenti (assolutamente fondamentali). Ma, al di là di queste necessarie riqualificazioni dell’esistente, la realtà è che lo Stato continua a vedere la nostra regione come costituita da un porto-città (Trieste) e, tutto intorno, da una landa desolata in cui non vale più la pena investire. E’ la visione che si poteva avere ai tempi di Caterina Percoto di quasi due secoli fa! Eppure i nostri padri hanno fatto due ricostruzioni (una post-bellica e una post-terremoto), ambedue con successo e con grande correttezza amministrativa e morale e realizzato un grande sistema infrastrutturale e manifatturiero. La seconda ricostruzione, peraltro, ci ha messi in luce a livello internazionale per l’efficacia e la tempistica. Ci siamo, inoltre, dati una Regione Autonoma dotata di poteri e (almeno un tempo) di certe capacità amministrative e di una certa visione. Come mai oggi siamo caduti così in basso? Come mai, nonostante una Regione Autonoma, una presidenza della Conferenza delle Regioni e una pattuglia non proprio sparuta di parlamentari, non siamo in grado di interloquire con lo Stato per imporre una visione un po’ meno troglodita del territorio regionale? Se non siamo capaci di un tanto, è meglio lasciar perdere. Si fa meno danno! Adesso parte ufficialmente l’”assalto alla diligenza”. Tutti a correre e far progetti per prendersi un pezzettino di PNRR. Ben vengano i progetti! Ma per fare cosa, scusate? In che direzione ci mettiamo a correre? Dove sono i disegni strategici? Nessuno ha qualcosa da proporre che non sia qualche opera locale (magari pensata in altri epoche) o, più spesso, solo “manutenzioni”? Non c’è un piano regionale o almeno uno straccio di atto regionale di indirizzo? Avevamo proposto –a Casarsa, già più di un anno fa- di fronteggiare questa situazione con alcuni ben definiti “progetti territoriali” e con una cabina di regia di alto livello politico e tecnico per perseguire un disegno di resilienza strutturale di tutta la regione. Il presidente del Consiglio regionale in qualche modo aveva risposto. La Giunta, invece, ci dice, oggi, che ha istituito una Cabina di regia fatta di Direttori regionali a cui partecipa anche l’Associazione dei Comuni. Accidenti che botto! Una struttura del tutto ordinaria che ci stupiamo non esistesse già prima! Questo sembra sia il meglio che si può chiedere oggi alla Regione per governare, in una difficilissima e incertissima fase post-pandemica, miliardi di risorse pubbliche. Avevamo sperato che la “transizione ecologica e digitale” potesse essere l’occasione per rigenerare il territorio e avviare un nuovo ciclo socioeconomico dopo l’esaurirsi progressivo di quello concepito nella seconda metà del secolo scorso. Ma così non sarà e perderemo un’occasione storica. E intanto tutti lì a ripetere che il vestito del re (che è nudo) non poteva essere più bello di così.
I componenti della Associazione per la Terza Ricostruzione (on. Giorgio Santuz, presidente onorario; prof. Sandro Fabbro, presidente)
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RINGRAZIAMENTI:
Il Direttivo del Comitato ringrazia l’Associazione per la Terza Ricostruzione (on. Giorgio Santuz, presidente onorario; prof. Sandro Fabbro, presidente) per avergli concesso la pubblicazione del sua ottima analisi pubblicata sul quotidiano il Messaggero Veneto il 23 febbraio 2022 (pagina 15 – Rubrica Idee); analisi su cui concorda totalmente.
Il Friuli non è una landa desolata al servizio di Trieste e lo ha già dimostrato, come scrivono ottimamente l’on. Giorgio Santuz e il prof. Sandro Fabbro nella loro analisi, “con due ricostruzioni (una post-bellica e una post-terremoto), ambedue con successo e con grande correttezza amministrativa e morale e realizzato un grande sistema infrastrutturale e manifatturiero”.
Urge imporre al Governo centrale, e – secondo noi – anche al Governo regionale, “una visione un po’ meno troglodita del territorio regionale”.
Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli