GRANDE IDROELETTRICO E TERRITORI MONTANI – di Franceschino Barazzutti – 26.6.2023

 

RICEVIAMO

da Franceschino Barazzutti
(Presidente del comitato tutela acque del bacino montano
del Tagliamento)
26.6.2023

E PUBBLICHIAMO

GRANDE IDROELETTRICO
E TERRITORI MONTANI

E’ un legame inscindibile quello tra il grande idroelettrico ed i territori montani poiché solo questi ultimi per la loro orografia garantiscono alle portate d’acqua quel dislivello necessario a far girare le turbine e produrre preziosa energia elettrica necessaria al Paese e profitti alle grandi società concessionarie gravando però di pesanti servitù i territori montani interessati.

Proprio queste grandi società concessionarie stanno attualmente esercitando una forte pressione sul governo al fine di evitare la messa in gara, prevista dalla vigente normativa, delle loro concessioni in scadenza o già scadute, trovando l’appoggio di alcuni deputati di FdI che hanno presentato un ordine del giorno mirato a prorogare tali concessioni usando non il termine proprio di “proroga” ma l’espressione volutamente impropria “rideterminare in aumento la durata delle concessioni idroelettriche di grande derivazione”.

La proroga di tali concessioni, oltre a violare la normativa vigente e a creare monopoli di fatto, avrebbe conseguenze negative per i territori montani sui quali insistono i relativi impianti idroelettrici, come dimostrato dal fatto che i diversi provvedimenti di proroga che si sono già succeduti negli ultimi decenni non hanno dato alcun risultato migliorativo della sicurezza e dell’ecosostenibilità né alcuna ricaduta economica e sociale a favore dei territori montani.

Peraltro, la messa in gara delle concessioni scadute o in scadenza permette non solo di porre a concreto confronto proposte diverse e di selezionarle sia per produttività che per ecosostenibilità, ma anche di prevedere nei bandi di gara misure di sicurezza per gli impianti obsoleti, vincoli a favore dell’ambiente, del paesaggio, dell’irrigazione, della laminazione delle piene, della pesca, del turismo, dei ripristini ambientali come è il caso della rinaturalizzazione del Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni, prevista dal Piano Regionale di Tutela delle Acque. Che va attuato!

Inoltre i bandi di gara possono prevedere che i nuovi concessionari finanzino con risorse certe e significative misure di compensazione territoriale a favore dei territori montani che ospitano gli impianti, nonché la partecipazione delle comunità locali alle concessioni secondo la formula della società mista pubblico-privata.

Il tema del grande idroelettrico nella nostra regione riguarda l’impianto del torrente Cellina con concessionario “Cellina Energy” (Edison), l’impianto del torrente Meduna con concessionario Edison EdF, entrambi controllati dalla francese EdF, gli impianti del sistema del Tagliamento con concessionario la multiservizi lombarda A2A controllata dai comuni di Milano e di Brescia. Quindi il grande idroelettrico della nostra regione sta in mani extraregionali, il che deve indurre a una serie di riflessioni.

Ad esempio le Province Autonome di Trento e di Bolzano hanno proprie società a capitale pubblico “Dolomiti Energia” e “Alperia” che, unitamente ad una molteplicità di minori società concessionarie controllate dai Comuni, detengono la gran parte delle concessioni idroelettriche in quelle province. Ciò permette un utilizzo idroelettrico ecocompatibile delle acque che va a vantaggio dei cittadini e dei territori. La nostra Regione è invece priva di una propria società a capitale pubblico che operi nel settore energetico. Un caso esemplare in positivo è quello della Società Elettrica Cooperativa Alto But (SECAB) operante da oltre un secolo.

Eppure già il 27 febbraio 2017 veniva depositata in Consiglio Regionale la Proposta di Legge n. 193 presentata dai consiglieri di tutti i gruppi politici Revelant, Tondo, Riccardi, Colautti, Violino, Marsilio, Ciriani, Zilli, Piccin avente per oggetto la “Costituzione della società energetica Friuli Venezia Giulia – SEFVG” a capitale pubblico. Ma a tutt’oggi tale proposta è rimasta senza seguito: inattuata per mancanza di volontà politica. Il che pone la domanda: la Regione sta con i territori o con EdF e A2A?

La costituzione di tale società energetica regionale è tanto più fondamentale nel nuovo scenario delineato dalla vigente legge nazionale 11 febbraio 2019 n.12 che prevede il passaggio gratuito alla Regione del grande idroelettrico alla scadenza, decadenza o rinuncia delle concessioni e della relativa legge regionale attuativa 6.11.2020 n.21 “Disciplina dell’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a uso idroelettrico”.

Infatti la costituzione della SEFVG rende possibile la partecipazione della stessa in proprio o in partecipazione con altre società alle gare di assegnazione delle concessioni, in particolare a quelle relative agli impianti idroelettrici siti in regione. In caso contrario i grandi impianti idroelettrici del Cellina, del Meduna e del Tagliamento continueranno a essere nelle mani di società extraregionali, a turbinare le nostre acque per portare i profitti agli azionisti di Edison, di EdF e ai Comuni di Milano e di Brescia azionisti di A2A. Un simile scenario dovrebbe preoccupare i rappresentanti politici ed istituzionali regionali, nonché i sindaci che vivono in prima persona le difficoltà dei territori montani e del rapporto conflittuale con le concessionarie sopraccitate e spingerli a promuovere le iniziative idonee a superare l’attuale situazione.

La messa in gara delle concessioni del grande idroelettrico risponde alla logica del mercato e della concorrenza, ma per certi settori strategici come l’energetico le concessioni dovrebbero essere affidate a società pubbliche onde evitare, come ampiamente successo e tuttora accade, che potentati privati del settore spadroneggino nelle nostre valli lasciate sole dallo Stato e dalla Regione. Il rimedio sta nel suesposto modello delle Provincie Autonome di Trento e di Bolzano che la nostra Regione, pure autonoma, farebbe bene ad adottare per dare contenuti alla parola “autonoma”.

Franceschino Barazzutti,
– già presidente del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano (BIM) del Tagliamento.
– Presidente del comitato tutela acque del bacino montano del Tagliamento
26.6.2023
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ALLEGATO al comunicato Stampa:

ENERGIA A DISPOSIZIONE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

(art. 13 del d.P.R. 670/1972)

Ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. n° 670/72, i concessionari di grandi derivazioni a scopo idroelettrico hanno l’obbligo di fornire annualmente e gratuitamente alle Province di Trento e di Bolzanoper servizi pubblici e categorie di utenti da determinare con legge provinciale – 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione, da consegnare all’officina di produzione o sulla linea di trasporto e distribuzione ad alta tensione collegata con l’officina stessa, nel punto più conveniente alla Provincia.
Il quantitativo di energia dovuto dai concessionari per l’anno 2009, calcolato dal Servizio utilizzazione delle acque pubbliche della PAT in base alle concessioni idroelettriche in essere, corrisponde a circa 160 GWhche consente alla Provincia/servizi pubblici collegati un beneficio di oltre 15,9 milioni di euro per il 2012 pari all’onere che l’Ente dovrebbe sostenere per l’energia utilizzata ai prezzi di mercato.

PIANURA ILLUMINATA E MONTAGNA AL BUIO – di Franceschino Barazzutti

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
13 dicembre 2020

PIANURA ILLUMINATA E MONTAGNA AL BUIO

Puntuale, come in ogni maltempo, anche questa volta si è ripetuta la stessa situazione: paesi della montagna rimasti al buio ed al freddo a causa dei guasti alla rete di distribuzione dell’energia elettrica. Situazione paradossale poiché a rimanere al buio sono quelle valli dove grandi centrali e tante centraline idroelettriche producono energia.

Riporto solo a titolo di esempio e perché significativa la situazione dell’Alta Val Degano che finisce spesso nella cronaca giornalistica per le interruzioni della corrente elettrica a causa del maltempo nonostante la notevole presenza delle centrali idroelettriche di Luincis-Applis, del Vaglina, di Magnanins, del Fulin, del Degano ad Avoltri, della società Monte Cucco.

Il fatto che a rimanere al buio siano proprio le località di montagna dove si produce l’energia elettrica induce una serie di considerazioni sulle cause e sui rimedi. Nell’articolata società moderna sono i territori di pianura, urbani, industriali a costituire la struttura economica e finanziaria portante del paese finendo per essere dominanti anche sul piano culturale e politico, oltre che territoriale. Ne consegue che ai territori cosiddetti marginali, quali sono per lo più quelli montani, viene assegnato un ruolo “di servizio” che li mantiene nella loro marginalità: non consumatori ma solo produttori di energia elettrica sfruttando all’inverosimile la risorsa principale della montagna che è l’acqua. Energia da portare altrove su impattanti elettrodotti aerei anziché interrati e lasciare invece in loco il territorio con i fiumi, torrenti e persino ruscelli ridotti a nude pietraie senza un filo d’acqua.

La legislazione nazionale è conseguente, tant’è che prevede che, eccezion fatta per le cooperative energetiche, i produttori idroelettrici della nostra montagna debbano conferire l’energia prodotta alle società dispacciatrici Terna e Enel che la trasportano innanzitutto nei citati territori di pianura, urbani, popolosi ed industriali che assicurano buoni profitti ai loro azionisti per quasi il 50% stranieri. In tale contesto diventa di secondaria importanza per tali società la puntuale fornitura ai territori montani marginali e disagiati che non “rendono” finanziariamente a causa dei pochi abitanti-utenti per lo più vecchi. Territori che quindi vengono trascurati negli investimenti e nella gestione delle linee che, nelle particolari condizioni ambientali e paesaggistiche della montagna, si dovrebbero interrare e non ricorrere alla comoda attribuzione di colpa a quegli alberi che sotto il peso della neve o la forza del vento cadono sulle linee elettriche aeree.

Quello dell’idroelettrico è un aspetto settoriale del più generale rapporto distorto tra realtà urbane e periferie montane. Provvedere a raddrizzare la stortura di tale rapporto è compito e dovere delle politica nazionale con adeguati provvedimenti legislativi, mezzi e non solo. Innanzitutto abolendo l’obbligo del conferimento dell’energia prodotta ai dispacciatori Terna ed Enel lasciando a disposizione del territorio di produzione la quantità di energia ad esso necessaria. Così, per esempio, per evitare che Forni Avoltri resti senza corrente elettrica basterebbe la posa di un centinaio di metri di cavo per collegare la centrale idroelettrica della Comunità Montana direttamente alla rete di distribuzione interrata dell’abitato. Lo stesso potrebbe essere realizzato in altre analoghe situazioni.

La legge sul passaggio del grande idroelettrico alle regioni va in questa giusta direzione prevedendo tra l’altro che parte dell’energia prodotta venga gratuitamente consegnata alla Regione per essere utilizzata nei territori montani di produzione. Si tratta di ampliare tale disposizione anche alle tante invasive centraline dal momento che i loro proprietari privati realizzano profitti sfruttando l’acqua che è un bene delle comunità locali. Invero, per raddrizzare la citata stortura è ormai indilazionabile – essendo l’ultima la n.1102 del 1971 – l’adozione di una nuova legge nazionale organica sulla montagna, che ponga in campo adeguati strumenti e mezzi.

A raddrizzare tale stortura è chiamata anche la nostra Regione costituendo senza ulteriori indugi la propria società energetica (SEFVG) a capitale pubblico da tempo annunciata sull’esempio delle province autonome di Trento e Bolzano. Società che assuma la gestione non solo del grande idroelettrico ma anche delle centraline le cui concessioni vengono via via a scadenza. Inoltre va posto fine alla politica regionale di rilascio di concessioni a dritta e a manca per la costruzione di centraline idroelettriche persino sugli ormai rari corsi d’acqua rimasti liberi da parte di privati nelle mani dei quali vengono consegnati per 30 anni per produrre profitti che vanno nelle loro tasche e non già a beneficio delle comunità locali.

Sono chiamati anche i Comuni che, prendendo esempio da quelli trentini, dovrebbero essere loro, singolarmente o associati, a produrre e distribuire energia elettrica alle proprie comunità anziché favorire i derivatori privati per ricevere in compensazione la sistemazione di qualche marciapiede, il che va meglio definito come obolo. Sono chiamate anche le nuove Comunità Montane, in particolare quella della Carnia, che disponendo già di un proprio parco di centrali idroelettriche potrà e dovrà sviluppare una politica tesa a creare sinergie con la Società Elettrica Cooperativa Alto But (SECAB) e la Cooperativa Elettrica di Forni di Sopra, storiche cooperative che hanno maturato una notevole esperienza, al fine di raggiungere se non un’autonomia energetica della Carnia almeno, inizialmente, di ogni singola vallata.

Sono chiamati anche gli abitanti della montagna a brontolare meno nelle poche osterie rimaste ed a interessarsi di più al proprio territorio ed alla propria comunità per contribuire a risolverne i problemi.

Franceschino Barazzutti
(già presidente del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano (BIM) del Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico)

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Complimenti vivissimi a Franceschino Barazzutti per la chiara denuncia ed esposizione  dei problemi e la costanza nella battaglia.

Il Comitato per l’autonomia e il rilancio del  Friuli

“GRANDE IDROELETTRICO: UN’OCCASIONE PER LA MONTAGNA” di Franceschino BARAZZUTTI

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
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Grande Idroelettrico:
un’occasione per la montagna

di  Franceschino Barazzutti,
già presidente del Consorzio BIM Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico

“E’ in subbuglio il settore del grande idroelettrico da quando la Legge nazionale 11 febbraio 2019 n.12 (Legge Semplificazioni) all’art.11 quater prevede, fra l’altro, che alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e nei casi di decadenza o rinuncia gli impianti passino, senza compenso, in proprietà delle regioni, in stato di regolare funzionamento. Ne deriva il passaggio alla nostra Regione degli impianti della Valcellina e della Val Meduna di Edison, cioè della francese EdF, e di quelli del sistema Tagliamento della multiutility lombarda a2a con l’obbligo per la Regione di regolamentare il settore con apposita legge attuativa.

Questa legge nazionale, mentre va a intaccare lo strapotere delle potenti multiutility attuali concessionarie, offre un’importante occasione alla nostra Regione ed in particolare ai nostri territori montani, le cui acque sono ora intensamente sfruttate da questi impianti, per un loro utilizzo più rispettoso dell’ambiente e conforme agli interessi delle popolazioni residenti.

Toccati nei loro interessi, gli attuali concessionari, in particolare le grandi multiutility quotate in borsa quali Hera, Iren, a2a, Acea, sono scesi in campo contro tali disposizioni di legge con iniziative a livello nazionale e regionale miranti a svuotare, congelare, ritardare l’applicazione.

Le loro associazioni di categoria “Elettricità Futura” e “Utilitalia” con il comunicato del 03 aprile 2020 hanno diffuso l’ingiustificato allarmismo “per una visone “localistica” che toglie allo Stato ogni competenza” (leggi: a loro!) e chiesto “l’introduzione di una proroga di almeno un anno dei termini dati alle regioni per l’emanazione di tali norme ed una generale moratoria nell’applicazione delle leggi regionali già approvate, auspicando che questa normativa venga rivista”.

Già, la proroga! E’ da troppi anni che, complice lo Stato, i grandi impianti idroelettrici vengono gestiti in regime di proroga (in)giustificata con la possibilità di rientrare con l’ammortamento di qualche piccolo investimento introdotto strumentalmente nell’immediatezza della scadenza della concessione.

I derivatori idroelettrici colgono ogni occasione per difendere i propri interessi. Al Festival dell’Acqua in corso fino al 15 maggio a Bressanone Utilitalia ha presentato il rapporto da essa commissionato alla società Althesys “Il contributo economico e ambientale dell’idroelettrico italiano” dove, tra l’altro, viene rilanciato l’accumulo mediante pompaggi, che sono causa di evidenti degradi ambientali!

E’ la stessa Utilitalia, nota nella nostra Regione, che il 09.06.2017 inviava una lettera con cui esprimeva contrarietà all’aumento del canone concessorio ed alla proposta di legge n.193 di costituzione della “Società Energia Friuli Venezia Giulia – SEFVG” a partecipazione interamente pubblica, presentata il 27.02.2017 dai Consiglieri Revelant, Tondo, Riccardi,Violino, Marsilio, Ciriani, Zilli e Piccin.

Ebbene, di fronte all’offensiva del grande idroelettrico, appoggiato dai potentati economici e finanziari, assistiamo all’inerzia ed a qualche ripensamento dei poteri istituzionali, tant’è che la gran parte delle Regioni non ha adottato entro il termine previsto del 31.03.2020 (poi prorogato al 31.10) la relativa legge attuativa. Purtroppo tra queste c’è anche la nostra Regione. La quale – tra l’altro -non ha ancora convocato il laboratorio per la rinaturalizzazione del Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni, né costituita quella struttura indispensabile qual è la Società Energetica Regionale, mentre invece continua a rilasciare a piene mani concessioni di speculative centraline sugli ultimi corsi d’acqua a privati che si finanziano con i certificati “verdi” pagati dagli utenti sulla bolletta. Sorge il dubbio che nell’Assessorato Regionale all’Ambiente siedano ben pochi ambientalisti e troppi “elettricisti”.

Dall’altro lato gli Amministratori dei nostri Comuni montani non hanno capito la grande opportunità offerta da questa legge per la nostra montagna. Né l’ha capita la gente a causa di una carenza di informazioni e di dibattito pubblico che, al di là dell’emergenza coronavirus, da troppo tempo caratterizza la vita in montagna.

Qualche attenzione l’ha avuta la previsione della consegna annuale e gratuita alla Regione di 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione, per almeno il 50 per cento destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori, mentre non è stato colto il fatto che il passaggio alla Regione del governo del grande idroelettrico comporterebbe, oltre ad evidenti vantaggi economici, più facili condizioni per risolvere le gravi conseguenze provocate dallo stesso sul territorio: ridare acqua (e dignità!) al Tagliamento ed ai tanti torrenti e rii della nostra montagna rimasti in secca a causa delle indiscriminate derivazioni idroelettriche, obiettivo per il quale già negli anni 60-70 si batteva il Comitato del maestro Romualdo Fachin di Socchieve, ricaricare le falde, ripristinare la naturalità e fruibilità del Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni, utilizzare la sempre più preziosa risorsa acqua secondo il sacrosanto principio del suo uso plurimo e diversificato.

In verità ci sono degli Amministratori Comunali che hanno colto pienamente l’importanza della regionalizzazione del grande idroelettrico. Questi sono i ben 23 Sindaci della parte montana e pedemontana pordenonese, i quali hanno sottoscritto ed inviato al Presidente della Giunta regionale, agli Assessori e Consiglieri un dettagliato documento, elaborato con il contributo dei Comitati della Valcellina e della Val Meduna, con cui chiedono tra l’altro il pieno coinvolgimento loro, del territorio e di tutta la politica, indipendentemente dagli schieramenti, nella stesura della legge regionale attuativa. Documento che ho inviato a tutti i Comuni della Carnia, Canal del Ferro Valcanale e Gemonese ritenendo trovasse l’interesse dei sindaci per una loro analoga autonoma iniziativa, che però non c’è stata, tranne un passo del presidente del Bim Tagliamento, Benedetti per un incontro in Regione.

Pur comprendendo che i nostri sindaci sono occupati con l’emergenza coronavirus – ma altrettanto lo sono i loro colleghi pordenonesi – avrebbero potuto e dovuto, facendo fronte comune, almeno farne propri il documento e l’iniziativa dei colleghi pordenonesi, ove non avessero ritenuto di elaborarne uno proprio. Potrebbero comunque farlo ora. Anche questa mancanza di iniziativa è un segno del momento di sofferenza della vita politica, culturale e sociale della nostra montagna, che invece nei primi anni ’70 nella fase di costituzione della Comunità Montana della Carnia ha elaborato posizioni avanzate alle quali guardavano come riferimento gli altri territori montani. Momento di sofferenza che va subito superato per evitare che finisca in indifferenza o in ignavia.

Questo è il momento di alzare la testa per gridare, pretendere ed operare affinchè le nostre acque, in un contesto di reale autonomia regionale e locale, siano non sfruttate ma utilizzate con rispetto dell’ambiente e nell’interesse di chi vive in montagna e non dei lontani azionisti delle società idroelettriche.

Franceschino Barazzutti,
già presidente del Consorzio BIM Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico

Tolmezzo 12 maggio 2020

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