“IDENTITA’, TRA LEGGENDA E REALTA’ ” di Ubaldo Muzzatti

IDENTITÀ
TRA LEGGENDA E REALTÀ

di UBALDO MUZZATTI

Durante le trasferte di lavoro in valle alloggiavo in un piccolo albergo a conduzione familiare. Nondimeno la gestione era informatizzata ed erano tempi in cui, da noi, i computer stavano entrando appena nelle grandi aziende. Dal balcone della mia camera la vista spaziava su vigneti, meleti, pascoli e prati da fienagione. Anche in questi ultimi, quando il pluviometro ne rilevava la necessità, si attivava l’irrigazione a pioggia. Su una piazzola poco distante, in certi giorni, si vedeva una processione di autobotti per irrorazione che venivano a rifornirsi delle miscele per i trattamenti antiparassitari o per la concimazione. Ad ogni operatore, in base al codice della propria azienda, veniva erogata la quantità di miscela necessaria, perfettamente dosata in base alle colture, il periodo, le condizioni pedoclimatiche. Il servizio è gestito dai tecnici competenti dell’assessorato all’agricoltura ed è uno dei fattori che determinano la generale alta qualità delle produzioni locali. Durante una di queste trasferte mi meravigliò non poco l’avanzamento di un cantiere edilizio. In mezzo a case e altri edifici, rigorosamente in stile montagna, con tetti spioventi, tanto legno, coperture in scandole o tegole ardesiate, i costruttori cominciarono ad assemblare, sulle fondamenta, una struttura prefabbricata di acciaio zincato. In pochissimo tempo realizzarono lo scheletro di quello che si rilevò poi un albergo che, coperta la struttura con pietra, legno a profusione, e ogni altra finitura si inserì perfettamente nel paesaggio alpino circostante. Esempio concreto di come le nuove tecniche possono e devono essere impiegate per valorizzare l’ambiente e le tradizioni locali senza stravolgimenti. Lavorando con i dirigenti e le maestranze locali ho potuto constatare che, effettivamente, lassù, sono più le persone che parlano quattro o cinque lingue che non le sole tre (tedesco, italiano e ladino) con cui obbligatoriamente per tutti si tengono le lezioni nelle scuole primarie e dell’infanzia. Sto descrivendo, ovviamente, dei fatti, delle situazioni riscontrabili in Alto Adige/Südtirol.

La “provincia autonoma” di Bolzano è, in Italia, la regione (tale è di fatto) con il più alto reddito pro capite, la migliore qualità di vita, il più capillare e praticato plurilinguismo, i migliori esiti scolastici, strenua nel difendere l’ambiente, la tradizione e le lingue locali e, non di meno, capace di introdurre, prima di altri, le innovazioni tecnologiche impiegandole per le proprie peculiarità. Insomma, la prova provata e verificabile da tutti che con la propria identità si può progredire ed essere all’avanguardia evitando i passi falsi indotti da una male imposta (e interessata) globalizzazione. Se ne ricordino i friulani quando leggono certe stucchevoli affermazioni tendenti a far credere che il sentimento di appartenenza, l’identità peculiare, siano di impedimento al progresso. Non è vero, lo provano le regioni autonome di Trento e Bozano, della Valle d’Aosta; lo prova la comunità autonoma di Catalogna, la più progredita della Spagna. E anche qui da noi, in Friuli, due dei momenti più alti e proficui, la ricostruzione post-terremoto e l’istituzione della Università, sono stati avviati, sostenuti e ottenuti grazie alla coesione identitaria dei Friulani.

Ricordiamocene, cerchiamo di rendere strutturale, e non episodica, la coesione derivante dal senso di appartenenza ad una cultura che nulla ha di meno di altre o di millantate “non culture” globali.

Ubaldo Muzzatti  – 13.01.2023

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La Redazione del Blog ringrazia l’amico Ubaldo Muzzatti per averle concesso la pubblicazione della sua ottima risposta a chi, sul quotidiano Il Messaggero Veneto di Udine, ha considerato la millenaria identità friulana “anticaglia” ormai superata che non serve per il presente e il futuro del Friuli.

L’articolo a firma di Ubaldo Muzzatti è stato pubblicato sul quotidiano Il Messaggero Veneto  (Udine) il  15 gennaio 2023, pagina 16, nell’ambito del dibattito “Il dibattito sull’identità del Friuli” con il titolo “APPARTENENZA E GLOBALITA”.

LA REDAZIONE DEL BLOG 

LA LEGGENDA DELLA LOGISTICA di Ubaldo Muzzatti

 

Cos’è la logistica? E’ un servizio, essendo la produzione e la commercializzazione le attività fondamentali”

Cosa significa “logistica” ? “In pratica, trasporti, movimentazioni, distribuzioni, stoccaggi magazzini e attività connese”.

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LOGISTICA: UNA LEGGENDA

di Ubaldo Muzzatti

Leggo spesso su queste pagine favorevolissimi commenti sul ruolo della logistica e sui benefici che tale servizio porterebbe all’intero territorio regionale. Ogni volta che trovo questi entusiastici interventi mi torna in mente un episodio della mia cessata attività. Era qualche decennio fa e già allora era in atto una pervasiva campagna di promozione della logistica, anche sulla stampa indirizzata alla popolazione generale. Il primo effetto fu che furono avviati allora un gran numero di corsi post diploma e post laurea aventi per oggetto, appunto, la logistica. Ero tra i docenti di alcuni di questi corsi e mi ricordo che riscontravano un ottimo successo di iscrizioni, sicuramente indotto dalle attività di promozione di cui si è detto. Dopo i primi giorni di lezione, la schiera degli aspiranti tecnici o manager della logistica si assottigliava. Succedeva quando veniva chiarito che logistica significava, in pratica, trasporti, movimentazioni, distribuzione, stoccaggi magazzini e attività connesse. Tutte cose importanti e indispensabili ma non certo più di altre del processo economico quali, per esempio, la progettazione, la produzione e commercializzazione degli oggetti che poi il servizio logistico si incarica di movimentare.

Ogni trasformazione può e deve aumentare il valore del prodotto; ogni trasporto e magazzinaggio, per quanto ben realizzati, non fanno che aumentarne il costo”, è uno degli assunti dell’organizzazione industriale. Un altro è che la logistica è un servizio, essendo la produzione e la commercializzazione le attività fondamentali. La pervasiva attività di lobbying, molto ben supportata, tende a invertire l’ordine consolidato della filiera economica relegando le attività fondamentali a comprimarie e cercando di accreditare la logistica (e per essa il porto di Trieste, diciamolo chiaro) come motore unico dello sviluppo regionale. Nel mentre, invece, la regione, e in particolare il Friuli, vive principalmente di industria, artigianato, agricoltura, turismo, commercio, altri servizi e su queste attività dovrà, quasi esclusivamente, contare per ogni ipotesi di sviluppo. Si è giunti a definire alcune di queste “di retroporto”, si pretende di trasformare il Friuli in una “piattaforma”, se ne vorrebbe fare un “corridoio”. Mi risulta incomprensibile, come possano tollerare i friulani queste improvvide uscite che disconoscono la valenza del loro operare, delle loro aziende, dell’intero tessuto economico regionale.

La logistica, poi, è una attività composita non costituita di soli porti ed interporti, piattaforme e magazzini. Per muovere le merci ci vogliono navi, aerei, ferrovie, automezzi, container. Non mi pare ci siano in regione (e neppure in Italia) flotte, linee, mezzi e operatori nazionali adeguati. Per cui, giocoforza, buona parte dei proventi che genera la logistica sono e saranno appannaggio di soggetti non locali. Persino il tradizionale, e un tempo ben attrezzato, autotrasporto soffre non poco la concorrenza degli operatori esteri e non è più in grado, da solo, di coprire la richiesta.

Gioverebbe non poco a fare chiarezza, in regione, uno studio che prendesse in considerazione e presentasse in forma chiara e comparabile i dati reali degli occupati, dei fatturati, del valore aggiunto e delle relative imposte versate dai comparti logistica, industria, artigianato, agricoltura, turismo, servizi tradizionali e innovativi. Allora si vedrebbe, in modo inconfutabile, che in questa regione la logistica (pur importante e indispensabile) non è e non sarà la sorgente prima dello sviluppo del territorio e che neppure la città, da dove e per la quale vi si favoleggia, vive solo di quella. E che invece bisognerà puntare ancora sul manifatturiero, l’agroalimentare, i servizi vari sostenuti ed innovati secondo le linee dettate dall’Europa e fatte proprie dal governo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Per quanto sopra è auspicabile che i decisori regionali non si facciano ammaliare da narrazioni fantastiche (e un tantino interessate) e si attengano alla realtà dei fatti.

Ubaldo Muzzatti

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L’ottimo articolo a firma di Ubaldo Muzzatti è stato pubblicato sul quotidiano “Il Messaggero Veneto” lunedì 4 ottobre 2021,  a pagina 12 – Commenti  – LE IDEE. Ringraziamo l’autore, Ubaldo Muzzatti, per averci concesso la pubblicazione del suo articolo.

IL NEOCENTRALISMO REGIONALE E’ FUORI LUOGO E FUORI TEMPO – Intervento di Ubaldo Muzzatti

Pubblichiamo l’ottimo intervento di Ubaldo Muzzatti (Cordenons)  sul problema del centralismo regionale triestinocentrico, sempre più problematico e antidemocratico; intervento ospitato sul quotidiano locale “Il Messaggero Veneto” (Ud) sabato 22 febbraio a pagina 47.

Tra Trieste e Friuli, ossia   tra il “predatore” (Trieste)  e la “preda” (Friuli), non esiste contrapposizione perché non esiste la reciprocità. Il predatore è sempre stata la città di  Trieste.

E la prossima “GHIOTTA PREDA” triestina sarà l’università friulana?

L’assessore regionale Alessia Rosolen? E’ dal 2009 che ha nel cassetto la proposta di una Fondazione regionale unica che –    così scriveva nel 2009 l’on. Arnaldo Baracetti   –  “nella migliore delle ipotesi, è solo un’operazione di immagine e, nella peggiore, un vero e proprio carrozzone. Anche se si vuole mettere in piedi con l’obiettivo di condizionare e ridurre, attraverso magari il ricatto dei contributi regionali, l’autonomia e l’identità dell’Università del Friuli”.

Il Presidente regionale “triestino.doc” Fedriga nell’affermare che l’aver trasformato una eccellenza friulana, FRIULI INNOVAZIONE, in un feudo triestino, è un’“Operazione che valorizza il ruolo di Udine”, offende l’intelligenza dei friulani che ci risulta non siano diventati tutti improvvisamente dislessici e che sappiano ancora leggere un accordo  che, oltretutto, ci risulta mai dibattuto pubblicamente e ingiustamente sottratto all’opinione pubblica friulana che ne è venuta a conoscenza solo a “furto” avvenuto anche grazie alla complicità di alcuni attori che si definiscono friulani (anche se non lo sono!)  

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TRIESTE e FRIULI
UNA CONTRAPPOSIZIONE RISOLVIBILE

di Ubaldo Muzzatti

 

Prendo solo spunto dalle recenti notizie sul controllo di Friuli Innovazione, che starebbe per passare ad Area Science Park decretando un’ulteriore perdita di peso e di prestigio del Friuli a favore di Trieste. Perché, in effetti, la questione del rapporto tra il capoluogo regionale e il territorio friulano si sta orientando, su molti fronti, verso una forma di neo- centralismo fuori luogo e fuori tempo. L’attivismo delle classi politica, imprenditoriale, manageriale, dell’alta formazione triestine ha registrato, negli ultimi tempi, un’accelerazione a cui, purtroppo, non corrispondono quelle friulane. Gli esiti sono la tenuta e chiari segni di risveglio sulle Rive e stagnazione, quando non arretramento del territorio friulano comprese le città ex capoluogo di provincia, nessuna esclusa.

Il paventato accentramento di risorse e attenzioni nell’unico capoluogo rimasto, quello regionale, si sta palesando in modo evidente. Molte e qualificate sono le voci che si stanno alzando contro questa deriva centralistica che penalizza la quasi totalità del territorio regionale e la gran parte della popolazione e lascia indenne (avvantaggia secondo molti) solo Trieste. Sono varie le proposte per arginare / contrastare il fenomeno. Tra queste la datata ipotesi della regione duale Friuli – Trieste sul modello Trentino – Alto Adige e la più recente, e non meno difficile da realizzare, di spostare il capoluogo regionale a Udine.

Oltre due secoli di cultura e informazione centralistica, più ancora del sistema istituzionale accentrato, impediscono di vedere, considerare, ed ambire ad una soluzione praticabile per risolvere, a Costituzione e Statuto di autonomia vigenti, l’annosa questione del rapporto tra le città capoluogo e i territori afferenti. Rapporto che, nell’impostazione centralistica, si risolve sempre con una sovra attenzione, un peso eccessivo e finanziamenti pubblici sproporzionati riconosciuti a capitali e capoluoghi in danno delle città che tali non sono. Roma, per esempio, scarsa di industrie e attività economiche importanti, si è sviluppata ininterrottamente dall’unità d’Italia raggiungendo una popolazione residente di quasi tre milioni di abitanti e continua a crescere. Motore, quasi esclusivo, dello sviluppo il ruolo di capitale con quanto ne consegue in fatto di allocazione di funzioni e risorse. Per contro Milano, di gran lunga il maggior centro economico nazionale, ha raggiunto un massimo di un milione e 700 mila abitanti nel 1971 e, in decrescita, ne conta ora meno della metà di Roma. Per inciso, al tempo dell’unificazione Milano sopravanzava Roma di diecimila residenti.

Ma non ovunque si registra questa aberrazione. Ci sono Stati in cui alle città ove hanno sede le istituzioni nazionali o locali non viene assegnato nessun maggior finanziamento o beneficio per tale ruolo. Il loro sviluppo dipende, come per tutte le altre località e come è giusto che sia, dalle capacità e volontà dei residenti e delle rispettive amministrazioni. Succede così che le capitali istituzionali di paesi come gli Stati Uniti d’America (Washington), Svizzera (Berna), Canada (Ottawa), Australia (Canberra) e molte altre non siano diventate (al contrario di Roma) le città più popolate e più importanti dei rispettivi paesi. Non a caso quelli citati sono stati federali, perché è prassi di questo sistema istituzionale porre tutte le città e i territori sullo stesso piano, offrire a tutti le medesime chance e ad ognuno la possibilità di svilupparsi secondo le proprie vocazioni.

Sebbene la Regione FVG non sia parte di uno Stato federale, non si intravedono ostacoli insormontabili per il superamento, a livello locale, della prassi centralistica (che avvantaggia i capoluoghi) e l’implementazione di un modello decentrato e paritario di tutto il territorio regionale. Ed è triste, non tanto che ancora non sia avviato questo percorso, quanto che nessuno ne parli. Non è spostando il capoluogo che si risolve il problema ma eliminando l’accentramento di attenzioni, risorse e potere dello stesso. Cosa possibilissima e collaudata da secoli: si vedano Stati Uniti, Canada, Australia, Svizzera…

Ubaldo Muzzatti – Cordenons.
22 febbraio 2020 – Il Messaggero Veneto -pag. 47

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La Redazione del Blog ringrazia l’amico Ubaldo Muzzatti per averle concesso la pubblicazione della sua ottima analisi su un problema regionale molto importante, su cui la politica regionale riflette troppo poco e soprattutto sta distruggendo sia il Friuli (le tre province friulane di Udine, Pordenone e Gorizia) che la possibilità di convivenza tra DUE territori profondamenti diversi per storia, economia, cultura e lingue (Friuli e Trieste).