UNIVERSITA’: il bando è sul friulano ma il friulano non c’e’

Università,
il bando è sul friulano
ma il friulano non c’è

«Ma il Friuli no. Ma il friulano no». Sembra il ritornello di una canzone di Renzo Arbore, ma in realtà potrebbe essere il refrain rappresentativo di gran parte delle attività dell’Università degli studi di Udine.

Quella che, coerentemente con le rivendicazioni e le mobilitazioni popolari che hanno portato alla sua fondazione e quindi con la sua norma istitutiva (l’articolo 26 della legge 546/1977) e con una analoga norma fino a qualche anno fa presente nel suo Statuto e poi “stranamente” scomparsa, dovrebbe essere l’Università del Friuli, si dimostra purtroppo in tante occasioni un’ateneo di provincia e un’università che (incoscientemente o con piena consapevolezza?) ignora  spesso il Friuli e tutto ciò che è friulano, a partire dalla lingua.

Verrebbe da dire che – alla faccia dell’ “universitas” (il sapere universale che ovviamente dovrebbe contemplare anche ciò che è friulano, dedicando ad esso una particolare attenzione, proprio nelle sue connessioni con il resto dell’ “universus”) si tratta di un’ateneo italiano e  ha difficoltà (o ritrosie?) ad esprimersi “par furlan”, con le assai apprezzabili eccezioni  della tabella “Universitât dal Friûl” che si trova all’ingresso di Palazzo Florio, di quella bilingue della sede del CIRF e della pagina Facebook dal titolo UniUd par Furlan, inaugurata qualche mese fa.

Gli esempi non mancano: dai tanti dettagliati riferimenti ai fantomatici “Isontino” o “Destra Tagliamento” ai generici richiami all’indefinito “territorio” (quale??)

Per non parlare della lingua friulana, che non c’è neppure dove francamente parrebbe impossibile farne a meno.

È il caso di un bando per Ricercatore a tempo determinato di tipo A, pubblicato sull’Albo ufficiale dell’Ateneo già da qualche settimana, che può essere  consultato qui (almeno sino al 4 giugno).

Il Progetto di ricerca sembra decisamente interessante: si intitola, infatti, “Sociolinguistica delle minoranze”.

Il programma di ricerca sembra costruito con un approccio che suscita nel contempo interesse e qualche perplessità: esso – come si legge nel bando«si svolge all’interno del quadro tematico del settore scientifico disciplinare 10/G1 Glottologia e linguistica. In particolare, a partire dal principio della valorizzazione della diversità linguistica e del plurilinguismo, le attività di ricerca si porranno come obiettivo la analisi (socio)linguistica delle comunità linguistiche minoritarie del territorio regionale, con specifico riguardo per la comunità friulanofona. Le comunità linguistiche alloglotte, oltre a rappresentare un evidente fragile patrimonio culturale in quanto soggette alla pressione dell’italiano sono degne di attenzione da parte dei linguisti in quanto costituiscono un “laboratorio” di grande interesse, il cui studio può gettare luce sulle dinamiche del cambiamento linguistico nei diversi livelli di analisi, sui fenomeni di interferenza, di variazione, di sintassi e sulla ‘formazione delle parole’. Nel presupposto dell’utilità del confronto con realtà minoritarie presenti in altre regioni e in altri paesi europei, si auspica di poter avviare collaborazioni scientifiche su questi temi con studiosi ed istituzioni italiani e stranieri creando un network».

Sembra una ricerca sulle “comunità linguistiche minoritarie” e in particolare sulla “comunità friulanofona”, che pare concentrarsi, per analizzarle e perpetuarle, sulle loro debolezze.

Ci piacerebbe, invece, che l’Università del Friuli (sì, del Friuli!) studiasse le situazioni delle minoranze linguistiche per trarre indicazioni utili per il loro miglioramento, per la loro tutela ed emancipazione, coerentemente con gli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione e con l’articolo 3 dello Statuto regionale, attraverso una politica di pianificazione linguistica efficace, magari prendendo esempio da altre realtà d’Europa.

Sembra inoltre che questo posto da ricercatore venga cofinanziato dalla Regione, nell’ambito delle azioni che dovrebbero essere “a favore” della lingua friulana.

Se così fosse, quanto leggiamo e quanto non leggiamo nel bando dell’Università di Udine risulta ancor più preoccupante: quello oggetto del bando è al massimo un progetto di ricerca “sul friulano” e “sulla comunità friulanofona” e quindi alquanto distante sia da ciò che prevedono le leggi statati e regionali di tutela sia da ciò che serve alla lingua friulana, a chi la usa, a chi non la utilizza o non la utilizza più e avrebbe il sacrosanto diritto a conoscerla e ad usarla.

È un vero peccato, perché ciò di cui abbiamo grande bisogno sono progetti “con” e “per” il friulano, “con” e “per” la comunità friulanofona, “con” e “per” le minoranze linguistiche e quindi “per” i diritti linguistici di tutti coloro che vivono in Friuli e nella nostra regione.

Avremmo bisogno anche di iniziative didattiche e di ricerca “in” friulano. E invece niente, neppure questa volta, visto che le conoscenze e le competenze “in lingua friulana” non figurano in alcun modo tra i requisiti che dovrebbe possedere chi si presenta al concorso e chi lo vincerà per poi lavorare per tre anni in quella che dovrebbe essere l’Università del Friuli.

Sembra che questo concorso sia quello di cui parlò il rettore Pinton l’autunno scorso a Udine in occasione di un convegno organizzato per il centenario della fondazione della Filologica.

Se fossimo in lui, non avremmo firmato quel bando oppure, avendolo firmato, con coscienza lo ritireremmo e lo riscriveremmo, tenendo conto di quanto abbiamo ricordato in queste righe.

Se così fosse, si potrebbe dire, finalmente, che il “nostro” Ateneo conosce, canta e pratica anche altri ritornelli. Sarebbe proprio bello. E buono e giusto.

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FRIULI: il passato che ritorna?

PER NON DIMENTICARE!!

Il Gazzettino 24.07.2008 – Lettera pubblicata nella Rubrica della Posta dei Lettori
TITOLO – Trieste becchina dell’Università del Friuli

Trieste ci riprova di nuovo: cancellare l’onta della sconfitta di trent’anni fa quando l’odiato Friuli riuscì ad avere una sua università autonoma. Oddio, la nuova istituzione avrebbe dovuto chiamarsi “Università del Friuli”, così infatti era previsto nella proposta di legge popolare sottoscritta da centinaia di migliaia di friulani, ma a Trieste, grazie ai collaborazionisti friulani, riuscì di farla chiamare “Università di Udine”. E gli riuscì anche di introdurre un principio assurdo: il principio della non concorrenzialità. Ossia un’università nuova e con pochissime facoltà non avrebbe potuto istituire facoltà già esistenti presso l’università  di Trieste: un modo subdolo per impedire lo sviluppo della nuova istituzione friulana, per impedire di vedersi “sfilare” dal Friuli gli studenti friulani che in massa riempivano allora, siamo nel 1978, le camere delle case dello studente di Trieste.

Per le famiglie triestine far studiare i propri figli all’università non ha mai creato alcun problema economico: i propri rampolli andavano, e continuano ad andare, a lezione in vespetta o in bus. Ma vuoi mettere se abiti in Carnia, a Cividale del Friuli o a Latisana? E infatti il Friuli allora, anno 1978, era una delle regioni (perché esiste una Regione Friuli anche se Trieste sta facendo di tutto per cancellarla!) con la più bassa percentuale di laureati. E nacque l’Università del Friuli: un doppione di Trieste? Così la pensavano i triestini e i loro collaborazionisti friulani. Che al contrario fosse un diritto dei friulani a loro non passava nemmeno per la testa: e chi sarebbe andato ancora a sfalciare il fieno, disse allora un rettore dell’Università di Trieste.

Fortunatamente, Trieste violò immediatamente il vincolo di non concorrenza: Udine aveva pochissime facoltà e la principale era la facoltà di lingue straniere: che ti fa Trieste? Immediatamente istituisce una facoltà di lingue straniere. Un doppione? Certo, un doppione. Ma Trieste può istituire doppioni, sono gli altri che non possono istituire ciò che a Trieste esiste già! Vorrai mica scherzare? Trieste è Trieste! La grande Trieste, sempre molto cara ai cuori (e anche al portafoglio) degli italiani. Comunque, nonostante le previsioni nefaste dei detrattori della nuova istituzione, l’Università del Friuli è riuscita a farcela alla grande e oggi è una delle migliori università italiane con punte di eccellenza che tutti ci invidiano, Trieste compresa!

Roma, purtroppo, continua a finanziare le università quasi totalmente in base al costo storico: ti faccio la fotografia in un certo anno (il 1993 per l’università friulana) e continuo a finanziarti in base alle necessità finanziarie di quell’anno. Ma se io ho duplicato gli iscritti? Cavoli tuoi, chi ti ha detto di essere così bravo? Te la devi cavare con un pesante sotto finanziamento! E le università poco virtuose che hanno modificato in peggio la famosa fotografia? Hai mai visto in Italia finanziare in base al merito? E poi pare che le poco virtuose siano la maggioranza e quindi si tengono ben stretto il loro “sovra finanziamento”: Trieste inclusa. Udine continua dunque ad essere finanziata in base ad una fotografia fatta tanti anni fa e così si becca un sotto finanziamento che oscilla, con segno meno, dal 18 al 20%: ossia 95 milioni di euro dal 2001 ad oggi. E Trieste? E’ una delle università più fortunate, o meglio, privilegiate, d’Italia: la quinta nella classifica delle Università più sovra finanziate (+ 19%). Ma nonostante questo sovra finanziamento, Trieste pare abbia corsi di laurea privi dei requisiti minimi per rimanere attivi.

Se poi ci aggiungi il ministro Tremonti che vuole diminuire i finanziamenti alle università

Ma niente paura, ci pensa la neo-assessore regionale alla ricerca e alle Università, la triestina.doc, Alessia Rosolen (con l’aiuto dei collaborazionisti friulani Tondo e Saro), a mettere a posto tutto: una bella “Fondazione regionale di diritto privato delle Università del Friuli – Venezia Giulia” e ogni problema è risolto: per Trieste s’intende! Perché pare, che nonostante le alte grida di aiuto che si levavano, e continuano a levarsi, da Palazzo Florio a Udine, in tutti questi anni nessun parlamentare regionale si sia mai preoccupato del sotto-finanziamento dell’università friulana. Oddio, se si tratta di salvare il Fondo per Trieste, allora ci si fa in quattro, ma in regione qualcuno deve pure andare a fare il fieno: e poi quante pretese questo contado contadino!

A dire il vero la “becchina” dell’università del Friuli ha anche altre strane idee: troppi doppioni tra le due università: perché non proviamo a chiuderne un bel po’ a Udine? Oppure, dai, noi triestini siamo notoriamente generosi, facciamo come per i corsi infermieristici: i doppioni li attiviamo ad anni alterni. Ma le facoltà universitarie friulane non hanno problemi di requisiti minimi! Suvvia, friulani, qualche piccolo sacrificio per la grande Trieste lo potete ben fare.

E la biblioteca della facoltà friulana di giurisprudenza? Per Alessia Rosolen non deve essere finanziata. Così pare aver dichiarato ai giornalisti in una intervista al Gazzettino. Mon Dieu! C’è già quella molto fornita della facoltà di giurisprudenza di Trieste, che bisogno c’è di sprecare così preziosi finanziamenti! Un consiglio all’assessore Molinaro: vuole risparmiare con le biblioteche comunali? Segua i suggerimenti della collega Rosolen: elimini tutte la biblioteche salvo una: quella di Trieste. E perché non mantenere in vita solo la biblioteca di Stato di Roma? Pensa che risparmio! Chi glielo suggerisce a Berlusconi?

Pare di essere a “Scherzi a parte”, ma purtroppo non è così: Alessia Rosalen, con la preziosa collaborazione di Tondo e Saro, ci sta confezionando un bel pacco dono: la cancellazione dell’Università autonoma del Friuli!.

Michele Tuan  – Castions di Strada

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COMMENTO della Redazione del Blog

La lettera è stata pubblicata sul quotidiano “IL GAZZETTINO” di Udine il  24 luglio 2008, ossia ben 12 anni fa…..ma  pare scritta oggi!!
I “PREDONI” sono di nuovo in attività!!
Nel 2009 Presidente di regione era Renzo Tondo, triestino di adozione, mentre ora  Presidente di regione è Massimiliano Fedriga,  triestino doc.

L’assessore regionale alla ricerca e all’università?  Alessia Rosolen (“triestina” super-DOC) sia nel 2008 che oggi…

Così scriveva l’on.le Arnaldo Baracetti nel 2009 in un articolo pubblicato sul quotidiano Il Messaggero Veneto, articolo  che non possiamo non ricordare e che menziona Alessia Rosolen e il “suo” tentativo, ieri come oggi, di imporre una “Fondazione regionale” che non serve se non a ricattare l’ateneo friulano e che porrà termine all’autonomia della nostra Università: allora questo tentativo  fu bloccato dal Rettore Compagno e dalla comunità friulana. E oggi? Naturalmente, poi a cose fatte il Presidente Fedriga  ci spiegherà – come ha tentato di fare con Friuli Innovazione “rapinato” da Trieste – che la Fondazione regionale è un grandissimo vantaggio per l’Università friulana e i Friulani.

Arnaldo Baraccetti non era della stessa opinione…..e nemmeno noi!

TRIESTE E LA LOGICA DEL “PREDATORE”!!

Il Friuli o ridiventa una “comunità politica”,
o scomparirà presto.

di Sandro Fabbro

Grazie alle recenti dichiarazioni del Sindaco di Udine (MV, 06.02.2020) apprendiamo, anche se con notevole ritardo perché la questione andava avanti da tempo, che, il riassetto societario di Friuli Innovazione porterà ad un controllo triestino di un asset friulano. Almeno ora siamo tutti avvisati. O si fa qualcosa o, piano piano e senza colpo ferire, si scompare.

D’altra parte, l’Assessore regionale Alessia Rosolen che, per competenza, ha seguito la vicenda, è stata, come sempre (le va dato atto), piuttosto chiara: “La ristrutturazione societaria di Friuli Innovazione è una risposta alle istanze dell’Università di Udine, della Camera di Commercio e di Confindustria Udine”. Come dire che è inutile rivendicare la friulanità di Friuli Innovazione, se gli enti friulani che ne fanno parte, in primis, auspicano un riassetto che vada a favore di una governance triestina. L’Università di Udine sembra sia stata la prima a tirarsi fuori da Friuli Innovazione. Certamente avrà avuto delle valide ragioni “aziendali” a monte, ma non pare accettabile che: a. un ente di quella importanza per tutto il Friuli e che ha per Statuto “l’obiettivo di contribuire al progresso civile, sociale e alla rinascita economica del Friuli”, prenda, in solitudine, la decisione di abbandonare Friuli Innovazione che essa stessa aveva voluto nei primi anni duemila; b. che enti pubblici che hanno come missione lo sviluppo del territorio friulano, deleghino pezzi importanti dell’innovazione industriale friulana a una direzione strategica che di fatto si sposta a Trieste. E ciò, non per una pregiudiziale chiusura verso gli enti di ricerca di Trieste (i cui meriti e capacità sono fuori discussione), ma perché, non esistendo reciprocità, si determina uno squilibrio inaccettabile. Da almeno vent’anni, infatti, il patto paritario tra Friuli e Trieste (a uno il presidente della Regione e all’altro il capoluogo), che aveva fondato la Regione FVG, non è più osservato e, da allora, la situazione è decisamente squilibrata a favore di Trieste. In questo squilibrio, è inevitabile che la “città metropolitana” di Trieste sia già di fatto (anche se non lo è ancora di diritto) al lavoro e consideri il Friuli, che oggi non esiste né politicamente né istituzionalmente, un territorio di conquista (voci autorevoli sostengono che Friuli Innovazione è solo un “boccone” e che altri ne seguiranno anche più ghiotti) perché questa è la logica, spietata ma realistica, del “predatore” nei confronti delle “prede” che non possono o non sanno come difendersi. E’ pura cortina fumogena asserire, peraltro, come qualcuno ha detto cercando di sminuire la questione, che si tratti dei “soliti campanilismi”. Si potrebbe ricorrere a questa spiegazione se fosse vero anche il contrario, e cioè se Udine fosse nelle condizioni di mirare a conquistare gli asset di Trieste. Ma così non è.

 La posizione del Comune di Udine ora è debole e apparentemente isolata ma potenzialmente rilevante. E’ l’unico soggetto istituzionale rimasto che può legittimamente candidarsi a difendere una linea del Piave e passare all’azione propositiva. Per farcela, però, deve darsi un piano all’altezza della sfida e trovare gli alleati giusti. Si deve auspicare che i tre enti, di cui sopra, diventino alleati a tutti gli effetti. Ma Udine deve muoversi anche verso tutti i comuni friulani. Non è cosa facile, sappiamo! Ogni Comune, in Friuli, oggi più che mai, è una polis per conto suo. Nell’antica Grecia le poleis, le città-stato come Atene, Sparta, Tebe, Corinto ecc. erano sempre in lotta tra di loro. Tuttavia, nel momento del bisogno, per non perdere la loro libertà e le loro prerogative, sapevano allearsi o addirittura federarsi per reagire assieme. Ovvio che qui non si è in guerra e non si tratta di difendersi da un nemico. Conviviamo, Friuli e Trieste, nella stessa Regione. Ci mancherebbe! Ma, fatte le debite proporzioni, si deve chiedere con forza, nell’interesse della stessa unità regionale, un sostanziale riequilibrio tra Friuli e Trieste. Udine ha l’obbligo di partire per prima con delle proposte. Per non rischiare di rimanere sola deve mostrarsi convincente verso gli altri Comuni friulani. Lanci, quindi, una proposta aperta e non egemonica a tutti i Comuni friulani (quelli di qua e di là, di su e di giù), affinché uniscano le loro forze per chiedere una istituzione politica capace di far emergere una visione unitaria e strategica dello sviluppo economico-territoriale, altrimenti il Friuli scomparirà in poco tempo.

Prof. Sandro Fabbro

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La Redazione del Blog e il Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli, ringraziano il prof. Sandro Fabbro (docente presso l’Università del Friuli) per averci  concesso la pubblicazione del suo ottimo articolo, già pubblicato sul quotidiano Il Messaggero Veneto (Udine) giovedì 13 febbraio 2020 a pagina 42, rubrica “L’INTERVENTO” 

L’università friulana, una grande eccellenza con problemi da risolvere

PROBLEMI DA RISOLVERE:

 1)   Basta leggere la distribuzione del Fondo Finanziamento Ordinario, anno 2019, alle università italiane per scoprire uno dei problemi fondamentali dell’ateneo friulano.

Ateneo: Trieste
Totale quota base:
55 MILIONI 145 MILA 551
TOTALE QUOTA PREMIALE: 20.952.845
TOTALE PEREQUATIVO: 4.628.984
FFO 2019: 93.067.949

Ateneo: Udine
Totale quota base:
45 MILIONI 863 MILA 605
TOTALE QUOTA PREMIALE: 21.114.793
TOTALE PEREQUATIVO: 879.847
FFO 2019: 78.941.177

La “quota premiale” che vede Udine battere Trieste, ci indica che l’università friulana è una eccellenza (nonostante i 14 milioni di euro annuali complessivi in meno  rispetto all’ateneo triestino). I tanti milioni annuali, mancanti da troppi anni, sono una ingiustizia che all’ateneo friulano sono già costati  moltissimo in termini di sviluppo. Cumò vonde!!  La pazienza è finita!

2) L’art. 26 della legge istitutiva dell’università friulana non è riportato per intero nello Statuto dell’università friulana nonostante sia un articolo fondamentale  in quanto specifica il motivo per cui l’ateneo friulano è stato richiesto dal Popolo friulano e  istituito con legge approvata dal Parlamento italiano: «contribuire al progresso civile, sociale e alla rinascita economica del Friuli e a divenire organico strumento di sviluppo e di rinnovamento dei filoni originali della cultura, della lingua, delle tradizioni e della storia del Friuli».

Gravissima questa omissione: l’articolo 26 va citato per intero nello Statuto dell’università perché esplicita lo scopo primario per cui i friulani hanno voluto il “loro” ateneo e indica le linee guida della programmazione dell’università friulana. Per inserirlo integralmente basta la volontà del corpo accademico universitario friulano e del suo rettore: NON SERVE ALTRO. Inserirlo non significa rinunciare alla indispensabile “internazionalità” dell’ateneo, ma  piuttosto significa indicare nello Statuto che accanto a questa è indispensabile anche  ottemperare all’art. 26 della legge istitutiva.

3) Secondo molti friulani l‘art. 26 di cui al punto 2) sopra indicato, non è ancora stato attuato in maniera sufficiente  e adeguata dall’ateneo friulano.  In particolare  è mancata l’attenzione  alla tutela della minoranza linguistica storica friulana.

4) Difesa indispensabile dell’autonomia dell’ateneo friulano e sua difesa dagli attacchi politici triestini. Trieste non ha mai rinunciato al “suo” sogno di cancellare (o ridimensionare pesantemente) l’università friulana.  Mai Trieste ha smesso di parlare e scrivere di “università unica regionale” e di “corsi universitari doppione” con riferimento ai corsi attivati dall’università friulana.  Mai ha smesso di proporre assurde “Fondazioni regionali universitarie” che non servono se non a ricattare l’ateneo friulano.

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Il corpo docente dell’ateneo friulano, e il suo Magnifico Rettore,  non dimentichino la storia di questo ateneo; non dimentichino i tanti anni di lunghe lotte (del popolo friulano) che hanno visto in prima linea la città di Trieste, il suo ateneo e i partiti politici nazionali dell’epoca nei loro rappresentanti regionali,  più attenti alle lamentele triestine che ai diritti dei friulani, negare al Friuli l’istituzione di una università autonoma statale.  Solo davanti alla compattezza della Comunità friulana, a 125 mila firme raccolte anche sotto le tende del Friuli terremotato e soprattutto davanti al rischio di perdere consenso elettorale, i  partiti nazionali dell’epoca che sedevano in Consiglio regionale concessero l’istituzione  dell’università friulana, dopo però aver tentato di azzopparla con l’assurdo criterio della “non concorrenzialità” (sic!) con l’ateneo triestino. Poi in Parlamento, per fortuna, ci fu chi fece buona guardia agli “sgambetti” triestini e li bloccò.  E’ anche grazie a questi parlamentari friulani se oggi esiste una università friulana di successo.  

Ci sono molti libri sulla storia dell’ateneo friulano, a ricordare e documentare tutto ciò, “sgambetti triestini” inclusi.  Basta aver voglia di (ri)leggerli.

 

IGA – ISTITUTO DI GENOMICA APPLICATA (Ud): una eccellenza friulana che troppi friulani non conoscono.

IGA – ISTITUTO DI GENOMICA APPLICATA

L’Istituto di Genomica Applicata (IGA) nasce nel 2006 su iniziativa di un gruppo di ricercatori dell’Università di Udine con competenze multidisciplinari nel campo della genomica, della bioinformatica e del miglioramento genetico. L’istituto in poco tempo si è affermato come centro di ricerca scientifica di eccellenza a livello internazionale nel settore della genomica strutturale e funzionale degli organismi viventi, diventando il primo centro di sequenziamento in Italia e tra i primi in Europa.
Attualmente lo staff dell’IGA è costituito da 25 ricercatori con competenze di genetica, genomica strutturale e funzionale, biologia, biochimica, matematica applicata ai sistemi biologici, informatica. Il Direttore Scientifico è il Prof. Michele Morgante (accademico dei Lincei).

I campi di attività dell’IGA sono:

  • ricerca sulla diversità genetica e sul rapporto con la diversità fenotipica degli organismi viventi;
  • studio delle basi genetiche di caratteri complessi, in particolare quelli di interesse per l’agricoltura, per la salute umana e per la sicurezza alimentare e ambientale;
  • studio dei meccanismi e processi di evoluzione dei genomi e degli organismi viventi;
  • identificazione e valorizzazione delle risorse genetiche esistenti in natura, per la risoluzione di problemi nel settore agroalimentare;
  • sviluppo di algoritmi e metodi per la descrizione, l’analisi, la simulazione e la predizione di sistemi biologici
    (……)

Tratto dal sito ufficiale dell’IGA – ISTITUTO DI GENOMICA APPLICATA (Udine)

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COMMENTO:

Il Friuli ha tantissime eccellenze, impariamo a conoscerle, difenderle e a non FARCELE PORTARE VIA…….