PIOVE SEMPRE SUL BAGNATO?
Nel mentre tutta la montagna friulana da anni è in sofferenza con una diminuzione della popolazione e di reddito pro-capite, nella più totale indifferenza della politica regionale e dell’on. Debora Serracchiani (Presidente della regione Friuli-VG dal 25 aprile 2013 al 26 marzo 2018); nel mentre si susseguono in Friuli (90% del territorio regionale) le chiusure di stabilimenti industriali (e conseguente forte crescita della disoccupazione friulana), l’on. Debora Serracchiani (Partito Democratico) ha presentato in Parlamento, in favore esclusivo di Trieste, una proposta di legge che prevede la creazione di una ZES – Zone Economiche Speciali – (all’interno del porto, delle aree di punto franco e nell’area industriale di riferimento) e la creazione di un “Fondo speciale” a favore del Porto triestino di 50 milioni di euro ANNUI a decorrere dal 2020.
Secondo la legge approvata dal Parlamento italiano le zone ZES riguardano “le regioni meno sviluppate e chiaramente riconosciute come tali dalla Unione Europea (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna)” in quanto le agevolazioni fiscali previste vengono considerate “aiuto di Stato”. Ogni regione può avere una sola zona ZES.
Il porto di Trieste può essere riconosciuto zona svantaggiata e poco sviluppata, tale da aver diritto ad “aiuti di Stato” e “forte defiscalizzazione”? E i “famosi” fondali di 18 metri? Ma non è il porto italiano con la maggior quantità di merci imbarcate/sbarcate in Italia?
Ricordiamo che da rilevazioni statistiche, pubblicate sulla stampa locale, l’unico territorio regionale che risulta “NON” in sofferenza economica è il territorio triestino; territorio di cui, a Trieste, si sbandierano da mesi e mesi i successi del “porto di Trieste” e le grandi opportunità future con la “Via della Seta” e il Porto Franco.
La proposta di legge dell’on. Serracchiani prevede, a favore esclusivo di Trieste:
- ” (…) L’articolo 3 istituisce una ZES per agevolare l’insediamento delle attività produttive all’interno del porto, delle aree di punto franco internazionale e nell’area industriale di riferimento. (…). Le numerose ed eterogenee esperienze europee e internazionali dimostrano che il « minimo comune denominatore » è la concezione delle ZES quale motore per la crescita o la ripresa economica, sicché la loro istituzione è generalmente sostenuta da un contestuale piano di infrastrutture, sospinto da un pacchetto di misure fiscali attraenti per gli investitori e supportate da forme di «semplificazione amministrativa ». (…)
L’articolo 4 prevede agevolazioni in materia di occupazione di lavoratori nell’area portuale. In particolare, i commi da 1 a 4 dispongono, al fine di incentivarne l’assunzione, una decontribuzione totale per tre anni a favore dei datori di lavoro che assumono lavoratori nell’ambito delle attività svolte all’interno dell’area portuale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti, nel limite massimo di 3.000 euro su base annua. Il comma 5 del medesimo articolo 4 prevede una franchigia di esenzione a 7.500 euro, a favore dei lavoratori dipendenti nell’ambito del lavoro prestato all’interno dell’area del porto di Trieste. Pertanto il reddito di lavoro dipendente, che concorre a formare il reddito complessivo insieme ad altri eventuali redditi del contribuente, dovrà subire una decurtazione dall’imponibile pari a 7.500 euro, con conseguente riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. (…)”
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” (…) In ultimo, l’articolo 5, recante le norme finanziarie, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per lo sviluppo del punto franco di Trieste, con una dotazione di 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020. Tali risorse saranno rese disponibili e rimodulate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze al fine di finanziare il complesso degli interventi previsti dalla legge. (…)”
………………..
COMMENTI
Ricordiamo che Trieste ha goduto per molti decenni di un miliardario FONDO PER TRIESTE con il quale, oltre che beneficiare a pioggia moltissime associazioni culturali triestine e enti vari, ha finanziato lo sviluppo del porto e della sua università. Ora questo fondo – da pochi anni – pare aver esaurito le sue disponibilità finanziarie non risultando più rifinanziato dal Governo centrale. Beneficio economico di cui il Friuli ( il 90% del territorio regionale) non ha mai goduto nonostante alla fine della Prima guerra mondiale avesse l’economia e il territorio totalmente distrutti e una emigrazione friulana elevatissima.
Per la montagna friulana in pesantissima difficoltà, la politica regionale, nel tentativo di fermare il fenomeno della perdita di popolazione, pare non voler neppure concedere agevolazioni ai piccoli negozi di montagna.
Ovviamente la politica regionale (triestinocentrica?) non ritiene minimamente di richiedere la ZES per questo territorio in gravissima difficoltà, ma per la già ricca Trieste, già moltissimo agevolata sul piano occupazionale dal fatto che la quasi totalità dei posti di lavoro pubblici (sia regionali che statali) sono locati in questa città in ragione del fatto che è capoluogo regionale, c’è chi va a proporre al Parlamento italiano la costituzione di una ZES che dovrebbe essere riservata ai territori in difficoltà economica…..
E perché in regione non viene invece richiesta la zona ZES per Porto Nogaro e i territori inclusi nel Consorzio industriale COSEF che opera anche a vantaggio della montagna friulana, creando così posti di lavoro nelle zone di Amaro e Osoppo (al servizio della montagna friulana) ?
Ci auguriamo che nessuno osi più affermare che lo sviluppo del porto di Trieste porterà benefici all’intera regione, perché è una affermazione falsa.
Il porto di Trieste è un PORTO CITTA’ e Trieste ha una mentalità “municipale” che le impedisce una visione oltre Barcola!
SERVONO ALTRI COMMENTI?
Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl
Comunicato stampa
E La montagna friulana?
Un recente ampio studio della cooperativa Cramars sui problemi della montagna friulana pone alla politica regionale il problema di cosa fare. Per altre aree ci si muove, in Sardegna già nel 2013, di fronte alla crisi economica si chiedeva per tutto il territorio una Zona Franca integrale o almeno una ZES (ZES: https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2019-09-04/zes-zone-economiche-speciali-italia-passo-il-resto-mondo-123144.php?refresh_ce=1 )
A Trieste si difende con forza il Porto Franco, che prevede un vantaggioso regime extradoganale, chiedendo ulteriori agevolazioni per nuovi insediamenti industriali e anche a Gorizia, come in Veneto, vi sono state richieste simili .
Da noi?
Abbiamo ben presenti i problemi di Trieste e Gorizia ma, in presenza della grave situazione di spopolamento e di difficoltà economica della montagna friulana, la politica regionale tace e talvolta vi è la forte tentazione di definirla, più che regionale, “triestina” tout court!
Nulla di nuovo se pensiamo che si grida allo scandalo per i 500.000 € tagliati alla Sissa dal governo giallo-verde mentre si continua a tacere sullo storico, milionario, sottofinanziamento dell’ateneo friulano confermato da tutti i governi che si sono succeduti a Roma.
Dunque: la politica, quella che conta, tace, mentre la montagna friulana si spopola, nonostante le spese per i poli sciistici.
Si spopola il 45% del territorio regionale e non ci risulta che una qualunque Giunta regionale degli ultimi anni si sia mai adoperata per una proposta concreta, come potrebbe essere una Zona Economica Speciale, per la nostra montagna, dalle valli del Friuli occidentale alla Carnia, Canal del Ferro e valli del Natisone.
Ci rendiamo conto che forse le regole europee mal si adattano a tale zona ed alla sua collocazione geografica ma altri politici, in altri tempi, non si sarebbero certo fermati per così poco!
29 novembre 2019
il presidente
dott. Paolo Fontanelli